Più che di peronismo si deve parlare di tafazzismo (cioè di voglia di farsi del male da soli, proprio come il noto personaggio inventato e impersonato da Giacomo Poretti, del trio Aldo, Giovanni e Giacomo). Il Governo si getta – o rischia di gettarsi – in un burrone proclamando baldanzosamente di voler spezzare le reni alla legge di gravità. Le dichiarazioni e le dimostrazioni ripetute di non conoscere le leggi della matematica e della finanza sono più preoccupanti per i risparmiatori dei decimali di sforamento rispetto alla "diga Tria" che giovedì sera è stata fatta saltare.
I problemi di questa Manovra sono tre. Primo: il segnale, molto negativo per chi deve decidere se comprare i nostri titoli di Stato o quelli australiani o neozelandesi, di non voler ridurre il rapporto debito/Pil nella fase positiva del ciclo economico. Secondo: l’averlo fatto essenzialmente per finanziare la spesa corrente e non per gli investimenti. Terzo: il desiderio di andare allo scontro e di sfidare, per di più in questa condizione di debolezza, l’Unione Europea, che è foriero di futuri conflitti e nuova instabilità. Le dichiarazioni delle ultime ore dell’eurocommissario Moscovici in realtà aiutano a capire che lo scenario è un altro: la Ue matrigna non esiste più da tempo e, comunque, non ha nessun interesse ad aprire controversie con l’Italia. Lo scontro è, dunque, con la legge di gravità della finanza che stabilisce che quando la fiducia dei risparmiatori viene meno i debitori hanno seri problemi.
La formula della dinamica del debito pubblico è molto semplice e dipende da cinque parametri fondamentali: il livello del rapporto debito/Pil, il costo medio a cui i mercati finanziano il nostro debito, il tasso di crescita del Pil, l’inflazione e l’avanzo/disavanzo primario. Considerando la situazione odierna di questi parametri il deficit (somma di avanzo primario e spese per il debito) all’1,6% secondo la linea Tria avrebbe prodotto un calo del rapporto debito/Pil di un punto percentuale. Un segnale importante che avrebbe rinsaldato la fiducia di risparmiatori italiani ed esteri nella nostra economia.
Scegliendo invece la strada di un deficit al 2,4% il rapporto debito/Pil crescerà leggermente. E, in un periodo di crescita economica in cui bisognerebbe mettere un po’ di fieno in cascina, il segnale che viene dato ai risparmiatori e agli investitori italiani ed esteri non è rassicurante. L’aumento dello spread e l’aumento del costo del debito rischiano pertanto di vanificare gli effetti che la manovra si propone. Poco senso ha citare a supporto il caso di Macron che ha varato una manovra con un deficit al 2,8%. I francesi possono permettersela perché i loro dati di crescita, inflazione, rapporto debito/Pil di partenza e costo medio del debito sono molto migliori dei nostri e con quel deficit il loro rapporto debito/Pil scenderà lo stesso.
Lo sforamento predeterminato servirebbe quasi interamente per finanziare il reddito di cittadinanza, con due giustificazioni: promuovere la crescita e creare una rete di protezione per chi non ce la fa. La prima motivazione non ha giustificazioni, perché il reddito di cittadinanza è una misura che molto difficilmente potrebbe avere effetti sulla crescita economica. La seconda ha ovviamente un senso nella misura in cui rinforza una rete di protezione che deve però essere inclusiva e abilitante, puntando alla promozione dell’intero nucleo familiare dei soggetti beneficiari.
In realtà, per innestare un circolo virtuoso per la finanza pubblica basterebbe, in presenza di un avanzo primario, che la somma di crescita economica e livello d’inflazione (che nelle intenzioni della Bce dovrebbe tendere al 2%, ma nel nostro Paese è fermo all’1%) fosse superiore al costo del debito. Servirebbe per questo una crescita superiore di almeno un punto percentuale. Per ottenere tale obiettivo il governo deve continuare a stimolare gli investimenti delle imprese proseguendo la politica di Industria 4.0 e del superammortamento.
E, vale la pena di ripeterlo ancora una volta, deve lavorare con pazienza ai vizi strutturali del Sistema Italia, che ci fanno essere oggi la ruota di scorta dell’Unione Europea (tempi della giustizia civile, inefficienza della pubblica amministrazione, eccesso di burocrazia) e rendono assolutamente insufficiente la produttività totale dei fattori nel nostro Paese. Tutti nodi presenti nella legge di bilancio. Ma il focus della comunicazione è stato spostato sulla guerra dei decimali e sulla 'Manovra del Popolo' che eliminerebbe la povertà aumentando il deficit per finanziare la spesa corrente... Due sono le ipotesi dietro questa mossa gravemente sbagliata: ignoranza o voglia deliberata di andare allo scontro. In entrambi i casi, si tratta di una scelta autolesionista che non promette affatto bene per l’Italia e gli italiani.