Ogni mattina si comincia a lavorare con la mente turbata dalle cattive notizie del giorno precedente, riassunte nel tg della sera. Se c’era una notizia buona, o bella, non viene rilanciata. Ed è un peccato, perché è altamente consolatoria. Ieri le notizie 'cattive' erano molte, ma ce n’era una deliziosa, che s’è installata nel cervello. È un’immagine. La sto guardando. Su un giornale di Belluno, una foto dolcissima, che voi, lettori di altre parti d’Italia, non potete vedere. Vederla mi rallegra, che voi non la vediate mi rattrista. È la foto di un orso.
Un orso di quest’anno, l’anno scorso non c’era. Dunque c’è un altro orso in Val di Zoldo, e s’aggira di notte con passo felpato (nella foto, ha la zampa anteriore destra sollevata, ci sta pensando prima di metterla giù) e sguardo di fuoco. Ma lo sguardo di fuoco degli orsi che fotografiamo dev’essere un errore delle nostre macchine fotografiche: chi le prepara, e le piazza nei passaggi obbligati, non inserisce (forse non può) il meccanismo 'anti occhi rossi': nelle foto notturne gli occhi vengono sempre rossi, perché sono l’unica cosa che lampeggia. Pare che mandino fiamme.
Così è questo orso: avanza cauto azionando due lanciafiamme. Ha un nome: Cesare. È il nome della guardia forestale che l’ha visto per prima: ha notato le orme per terra, ha visto che le orme si rinnovavano di frequente, ha capito che quest’orso è un abitudinario, e ha piazzato quella che si chiama 'la fototrappola', che non cattura l’animale ma la sua immagine.
La Val di Zoldo è quella che ha le Dolomiti dichiarate Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, era cara a Dino Buzzati, e in suo onore fu chiamato Dino il primo orso che ebbe una storia da queste parti. Era cara anche a Sebastiano Vassalli, che qui ha ambientato un romanzo. Su un orso di questa valle è impiantato anche un romanzo di Matteo Righetto, diventato un film di Marco Paolini. Questa dunque è la valle degli orsi. Sappiamo quanti sono, dove sono, e che nomi hanno (in realtà, i nomi glieli diamo noi). Idea: perché non diamo informazioni di loro, cosa fanno, dove dormono, come si spostano, nei tg della sera?
Ero in un albergo del Trentino, e cenavo con gli altri clienti, nella sala c’era un televisore che trasmetteva un tg, nessuno ci badava, ma quando sul monitor apparve l’orsa Dàniza, con i suoi due orsacchiotti, inquadrata da una fototrappola, nella sala scoppiarono le grida di gioia dei bambini: l’orsa e gli orsacchiotti si mettevano a cuccia, che gioia averli vicini!
La notizia serale che l’orso Cesare s’è spostato dai boschi dell’Alpago ai boschi del Cadore sarebbe una notizia interessante, s’io dirigessi un tg la darei. Ieri ho visto in internet un orso che era stato trovato ferito, fu raccolto e curato e guarito e liberato, gli han messo una radiolina al collo e lo seguono: ebbene, quest’orso ieri è capitato non sotto una fototrappola ma sotto una cinetrappola, ed è stato ripreso per un minuto intero mentre fa il bagno in un lago. L’orso entra in acqua con aria interrogativa, l’acqua gli piace, si tuffa sotto col testone, goffamente, riemerge, gli piace ancora di più, e si rituffa più volte. Perde l’equilibrio e cade rovescio, sulla schiena. Si gira e si drizza, gli piace anche questa capriola. Non so se pensa parole, ma se pensa parole le parole son queste: «Il mondo è bello e nascere è un miracolo».
È un pensiero doppiamente francescano, nel senso che è di san Francesco e di papa Francesco. Per colui che ha curato e guarito e liberato quest’orso, quale miglior compensa che vedere il filmetto? Se un giorno nascerà la parabola del 'buon samaritano degli animali', lui è il primo. Tante cose abbiamo visto nei tg quel giorno. Se avessimo visto questa, sarebbe la più memorabile. Perché non cominciamo, almeno nelle regioni di montagna, a dar notizie nei telegiornali dei fratelli orsi? Alla domenica c’è un tg serale che chiude così: «E ora, il calcio». Si potrebbe usare la stessa formula: «E ora, gli orsi».