«Questi non sono più dati Istat, ma un bollettino di guerra». È difficile trovare parole migliori di quelle usate dal presidente del Forum delle Famiglie, Gigi De Palo, per commentare il rapporto sul futuro demografico dell’Italia diffuso dall’Istituto nazionale di statistica. In realtà anche questo ultimo "bollettino dal fronte" ci informa di qualcosa che già sappiamo da tempo: e cioè che nel giro di mezzo secolo diventeremo un Paese sempre più anziano, con un’età media di 50 anni, una popolazione diminuita del 10%, un numero di morti che ogni anno sarà il doppio del numero di nascite. Se conosciamo già l’esito possibile, sappiamo anche che sarà difficile assicurare la tenuta del sistema di sicurezza sociale, dalla sanità alle pensioni. Il dato preoccupante, in tutto questo, è che se abbiamo una chiara visione del futuro, non sembriamo disporre degli strumenti culturali e materiali necessari per invertire la tendenza.
La serietà della situazione può essere messa meglio a fuoco elencando una serie di verità abbastanza scomode. Ad esempio che non basta una politica fiscale intermittente per rilanciare le nascite, perché servirebbero misure imponenti; che non sono sufficienti incentivi economici simbolici per aiutare le coppie a soddisfare i propri desideri di genitorialità, perché non è con gli spiccioli che si cambia la vita; che non bastano neppure timide politiche per la conciliazione, se a essere carente è il lavoro stabile di massa e retribuito dignitosamente; e che è illusorio pensare a rivoluzioni culturali capaci di fare la differenza.
Nei Paesi sviluppati ci sono aspirazioni di maternità e paternità non realizzate, ma dove il benessere avanza o si è consolidato, e il costo dei figli sale, la tendenza è ovunque quella di famiglie che riducono la propria taglia. Oggi mancano i primi e soprattutto tanti secondi figli, tuttavia la vera differenza demografica la fanno i terzi e i quarti e i quinti, e su larga scala. Ma, con un atto di onestà intellettuale, chiediamoci quante coppie in Occidente hanno la possibilità di sostenere una famiglia numerosa senza che almeno uno dei due genitori rinunci a molto di quanto si ritiene ormai fondamentale. O se è possibile limitare ai figli ciò che per tanti, dopo l’amore, è considerato il minimo per assicurare loro un futuro dignitoso e di indipendenza. E ancora, se è lecito giudicare una trasformazione così imponente dei costumi quando il presente parla già di figli da mantenere e allo stesso tempo di genitori anziani da assistere.
L'Italia ha molta strada da fare per aiutare chi vuol diventare genitore. Eppure nessun Paese europeo, nemmeno quelli del Nord dove il welfare o le politiche fiscali per la famiglia sono considerate esemplari, riesce ad assicurare tassi di fecondità in grado di garantire la stabilità della popolazione, più di 2 figli per donna. La fotografia della famiglia a bassissimo reddito, con prole numerosa, appartiene sempre di più alle coppie di immigrati, e questo ci dovrebbe portare a considerare un’altra verità ingombrante: la possibilità di mantenere stabile la popolazione, o di avere tassi di fecondità superiori alla media, visto che le persone in età feconda continuano a ridursi, è sempre di più legata alla capacità di gestire in modo responsabile i flussi migratori.
È per questo che, guardando alle previsioni dell’Istat, la soluzione non può essere cercata solo bussando alla porta della politica. Un programma per favorire la costruzione di un Paese aperto alle famiglie richiede responsabilità, visione di ampio respiro e di lungo periodo, e nessuna barriera ideologica. La drammatica realtà è che alle urne, come si è visto, oggi non avrebbe alcuna possibilità di affermarsi. Gli italiani si dimostrano elettoralmente molto più propensi a preferire un modello in cui chi lavora paga poche tasse (o non le paga affatto) e chi non lavora ottiene un reddito garantito, lasciando il debito pubblico libero di crescere. È la storia degli ultimi 25 anni a dirlo, il dato che si aggiunto è l’ostilità verso lo straniero. Una visione totalmente sterile.
La politica ha le sue gravi responsabilità per un’indifferenza suicida verso la famiglia, ma non è la sola colpevole del passo incerto di un Paese nel quale le buone intenzioni diventano opzioni irrealizzabili in quanto promesse non sostenibili. Una demografa italiana, Letizia Mencarini, che ha indagato a fondo il legame tra figli e felicità, ha scritto che nella società contemporanea i figli sono diventati «un optional», eppure, nonostante le difficoltà, diventare genitori non è «fuori moda», i bambini continuano a nascere anche dove è più difficile e appena meno di un quinto degli adulti non diventano mamma o papà. Come dire che se c’è qualcosa che sfugge alla razionalità, è da qui che si deve ripartire. I 'bollettini di guerra' possono essere scongiurati solo se ciascuno smette di ricercare esclusivamente il proprio interesse personale o benefici immediati per sé facendo pagare il conto a tutti gli altri.