Caro direttore, la famiglia. Dov’è più la famiglia? Basta dare uno sguardo alle cronache dei vip, ma anche guardarci intorno tra le facce che ci sono vicine, per capire che questa fondamentale e insostituibile istituzione è in crisi nella 'società liquida', a favore di un gruppo di intrecci, di elementi collaterali e sovrapposti che ne fanno spesso un gomitolo inestricabile. Un nucleo umano centrale, oggi è spesso un groviglio, e sempre più diffusamente si parla di famiglie allargate. I matrimoni, quando ci sono, durano giusto il tempo di imbastire un figlio e scappar via per un altro giro.
Così il primo figlio di lei si integra col primo figlio di lui. Ma si dà il caso che lei s’innamori di nuovo e dal nuovo compagno abbia un altro figlio. E così anche per lui. E poiché la coesione tra le unioni presenti e remote è ritenuta il male minore, si continua a frequentarsi e stare tutti insieme in una quadriglia infinita in cui le peculiarità di tanti DNA, le diversità di impronte educative, le sfaccettature caratteriali, gli ingranaggi psicologici d’ognuno si mischiano e si intrecciano tra loro, perdendo identità e connotazioni. Le famiglie allargate diventano così dilatate e governarle con successo è impossibile, più difficile che governare un regno. Da qui a una gioventù abbandonata, dissoluta e ribelle, problematica e imbelle, il passo è breve.
Edgardo Grillo
Grazie, gentile signor Grillo, per l’occasione che ci offre di tornare su un tema che da sempre ci sta a cuore e che non ci stanchiamo di affrontare su queste pagine e su quelle del nostro inserto domenicale 'Noi in famiglia'. Nella lettera che ha inviato, e che il Direttore mi ha affidato, lei inquadra giustamente l’emergenza educativa nello scenario della sempre più rilevante e drammatica frammentazione familiare.
Si tratta di un dato statisticamente inoppugnabile. Quanto più la famiglia è disgregata, tanto più aumentano disagi e fragilità giovanile, ma anche episodi di intolleranza e di violenza. Una situazione già pesante oggi, come lei giustamente sottolinea, ma che rischia di complicarsi ulteriormente alla luce delle trasformazioni che si stanno abbattendo sulla famiglia come noi la intendiamo. Secondo l’ultimo Rapporto annuale Istat, pubblicato proprio pochi giorni fa, le famiglie in cui sono presenti coppie sposate con figli sono ormai minoranza (31,2%). Più numerose quelle formate da coppie non coniugate, ricostituite, single o genitori soli (36,7%) e quelle in cui vive una sola persona (33,2). E nei prossimi vent’anni, sempre secondo le previsioni Istat, questa situazione andrà sempre più consolidandosi.
Che fare? Demonizzare la società in cui viviamo e rimpiangere il tempo passato? Non servirebbe a nulla. Il realismo cristiano, che non contempla rassegnazioni e pessimismi, ci chiama all’impegno qui e ora, nel tempo che ci è dato da vivere. Abbiamo capito che la sindrome della cittadella assediata e del complotto mondiale contro i valori familiari, da cui per troppo tempo siamo stati contagiati, non porta a nulla. Dobbiamo liberarcene, come dobbiamo superare la contrapposizione con le tante trasformazioni sociali, perché una posizione di assoluto rifiuto – come spesso è avvenuto – ci impedirebbe di coglierne gli elementi da valorizzare. «Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono», ci dice san Paolo nella Lettera ai Tessalonicesi (1 Ts 5, 15-21). Scorgere ciò che buono nello sconvolgimento che stanno vivendo i modelli familiari della tradizione non sarà né facile né semplice ma dobbiamo farlo, dobbiamo guardare avanti perché, ci dice papa Francesco, «tornare indietro non è cristiano»
Luciano Moia, caporedattore di Avvenire responsabile di 'Noi in famiglia'