Il pilota italiano campione del mondo in carica della MotoGp Pecco Bagnaia
Pecco è un campione, anzi un campionissimo che non pecca mai di superbia, e solo per questo meriterebbe il titolo bis di campione del mondo della MotoGp. Pecco Bagnaia corre per la Ducati, la fabbrica di Borgo Panigale, Bologna, e in questi giorni il suo animo sensibile ha ascoltato le voci dei meccanici e il disagio delle famiglie felsinee che hanno vissuto in apnea, in una città finita clamorosamente sott’acqua. Bologna alluvionata, come mezza Italia, come Valencia, ultima corsa in programma del Motomondiale, il “clasico Gp” di fine stagione. Bologna per fortuna è stata graziata per numero di vittime, Valencia no: ferita a morte, 200 e forse più le persone spazzate via per sempre dall’acqua della diga maledetta. Interrogarsi se è colpa dell’incuria umana o dell’ormai inarrestabile cambiamento climatico, o di tutte e due le cose messe assieme, non servirà a riportare in vita nessuno di quei poveri martiri degli ultimi diluvi universali.
Questo anche un pilota di MotoGp lo sa. Se poi è uno come Pecco Bagnaia, che oltre a far correre una moto sa far andare a 300 all’ora anche cuore e cervello, ecco che l’uomo prima del pilota fa scattare la sua personalissima bandiera bianca chiedendo ai giudici di gara di non alzare quella a scacchi all’arrivo del circuito valenciano. “Io a Valencia non sono disposto a correre, anche a costo di perdere quello che è il mio massimo obiettivo, vincere il titolo Mondiale», ha tuonato Pecco dopo la tempesta. Il suo antagonista, il perfido hidalgo Jorge Martin però non la pensa affatto allo stesso modo. Dall’alto della vetta della classifica, 453 punti, con un Bagnaia 2° e in rimonta, a quota 436, fa il superbo o teme forse quello che toccò a Valentino Rossi quando nel 2006 su quella stessa pista di Valencia, all’ultimo atto scivolò alla prima curva e perse il titolo contro il povero Nicky Haiden, poi scomparso a 35 anni, mentre, ironia della sorte, si trovava in vacanza a correre in bicicletta sui tornanti che portano a Tavullia, a due curve da casa Rossi.
Ai signori della Dorna, i padroni dello showbiz motoristico su due ruote, Pecco ha detto chiaro e tondo, da hombre vertical sotto il casco, che lo spettacolo non può proseguire lì dove lo scenario è quello del dramma in corso. Al suo rivale Martin neppure lo spirito patriottico (è nato Madrid) sembra scalfirlo, per lui quello che conta è correre e vincere ad ogni costo e portarsi a casa il primo mondiale, anche se a 25 km dal circuito Ricardo Tormo di Cheste, si sta ancora facendo la conta delle vittime e migliaia di persone vivono da sfollati, da profughi semisepolti dal fango della propria città. Mancano ancora due settimane al Gp fissato dal calendario per il 16-17 novembre, ma Pecco, e quelli come lui, ci auguriamo la maggioranza dei piloti, vogliono assolutamente far cambiare idea ai padroni del motore che, al momento, con grande “spirito umanitario” hanno solo pensato a rilanciare sul tavolo verde del poker affaristico quattro possibili alternative a Valencia: le piste del Qatar, Jerez, Partimao o Montmeló. Tra i notabili, solo il presidente della Federazione Motociclistica Internazionale, Jorge Viegas, altro hombre vertical come il nostro Pecco, ha pensato che forse sarebbe più umano, oltre che più giusto, cambiare la data del Gp e non la sede, affermando solidale: «Se non si corre a Valencia sarà peggio per la loro economia.
Potremmo posticipare la data del Gran Premio a dicembre e organizzare anche una raccolta fondi». Far slittare il Gp a dicembre ma mantenendolo a Valencia, specie dopo una adeguata e corposa campagna di raccolta fondi per le vittime dell’alluvione e le loro famiglie, sarebbe l’unica cosa buona e giusta. Sarebbe un gesto doveroso da parte di questi centauri milionari i quali dovrebbero ricordarsi, come sa fare il nostro campionissimo Pecco Bagnaia, che la parte del portafogli è anche quella del cuore.