«Non chiedere o accettare mai soldi da estranei perché noi i soldi dobbiamo guadagnarceli con il nostro lavoro». Parola di madre. Quest’estate ci siamo tutti appassionati al capolavoro di cooperazione e di squadra dell’oro olimpico della 4x100 e alla storia di Fausto Desalu, il giovane staffettista figlio di una donna d’origine nigeriana che, nato in Italia, fino a 18 anni non ha potuto gareggiare per il nostro Paese. E alla dignità della signora che, con mille sacrifici, ha cresciuto da sola il ragazzo e ha rifiutato una comparsa televisiva nel giorno del successo per non lasciare il suo turno di lavoro di badante. Moltissimi stranieri come la mamma di Fausto, ma irregolari e invisibili, sono parte della spina dorsale di un’Italia che è, e sarà, sempre più popolata di persone vecchie e sole. Si ricomincia a ragionarci su, mentre alcune parti politiche,
per fortuna oggi meno forti nel costruire campagne d’odio, grazie anche alla reazione 'dal basso' di tanti cittadini sensibili, cercano ancora di fomentare paure e rifiuto. La realtà storica, tra l’altro, è che per lo sviluppo dei maggiori Paesi ad alto reddito (Stati Uniti d’America in primis) l’immissione di energie vitali a seguito di ondate migratorie è sempre fondamentale per rafforzare il corpo sociale rivitalizzandone le energie (e noi italiani, da migranti siamo stati parte importante di tutto questo). Nel nostro declino spirituale e culturale stiamo, invece, diventando vittime della paura dell’accoglienza che le nostre radici e tradizioni bibliche (si pensi solo al bellissimo brano veterotestamentario della quercia di Mamre) ci indicano come chiave di generatività e fertilità sociale.
In piena pandemia, con un appello costruito assieme a Tito Boeri, abbiamo raccolto centinaia di firme di colleghi economisti per chiedere una sanatoria, collegandoci alla mobilitazione della società civile e facendo riferimento anche al problema di carattere sanitario che la presenza di un esercito di 'invisibili' inseriti nel nostro tessuto sociale avrebbe creato. I 600mila irregolari stimati nel nostro Paese, essendo non registrati, sono solo in parte sottoposti a controlli e regole sanitarie. Molti di loro hanno fatto fatica a iscriversi al Sistema sanitario nazionale pur lavorando nelle nostre case come colf e badanti o nell’industria, nell’edilizia e nei servizi, rischiando di favorire contagio e circolazione del virus.
L’appello è stato raccolto e la sanatoria approvata in Parlamento. Ma il problema fondamentale del nostro Paese (che fa guardare con preoccupazione anche alla realizzazione del Pnrr) è sempre lo stesso: come italiani ci appassioniamo alla poesia dell’annuncio mentre siamo molto più annoiati dalla prosa della realizzazione di quanto annunciato.
Il prezioso lavoro di monitoraggio di Oxfam, Acli e di altre organizzazioni della società civile della campagna 'Ero Straniero' sulla realizzazione del provvedimento ha sottolineato come in un anno i permessi di soggiorno rilasciati siano stati circa 37mila a fronte delle 220mila regolarizzazione presentate. La situazione più critica è quella delle grandi Prefetture di Roma, Milano e Napoli, che hanno raccolto da sole più di 60mila domande, dopo un anno e mezzo sono a circa un decimo di pratiche esaminate.
Con 130mila persone che hanno fatto domanda e sono ancora in attesa di prima convocazione in Prefettura la legge di bilancio ha sospeso la proroga (che vale 30 milioni di euro) per i 700 lavoratori interinali inseriti nelle Prefetture (con un ritardo di 7 mesi) per cercare di smaltire le attese. I contratti stanno scadendo e dunque l’intera procedura rischia di bloccarsi. Si tratta di 30 milioni spesi bene per contrastare lavoro nero, irregolarità, rischi di criminalità e problemi di gestione sanitaria in tempi di pandemia.
Domani, mercoledì, in Senato c’è l’opportunità di rimediare in corsa con un emendamento alla legge di bilancio in discussione, un’opportunità che non andrebbe persa, a partire dal voto sull’ammissibilità dell’emendamento da parte della Commissione finanze. Proviamo a collegare emozioni e razionalità alle scelte politiche, ma soprattutto individuiamo con lucidità a quanto è necessario per porre in atto gli obiettivi che abbiamo faticosamente approvato. La generatività si alimenta di passioni ed emozioni, ma si compie nella concreta fatica della coerenza dei comportamenti.
Possiamo farcela, ricordando la bellezza di quella storia di atleti olimpici e di passaggio di testimoni che continua a emozionarci, ma soprattutto il lavoro, la dignità e il sacrificio di tanti che, come la mamma di Fausto Desalu, tenacemente contribuiscono a mandare avanti il Paese di tutti.