Nell’autunno del 2011 l’Italia era il grande malato dell’Unione. Con un debito pronto a esplodere sotto il fuoco incrociato della speculazione internazionale e un pezzo d’Europa, quella del Nord, che sembrava disposta a lasciar affondare un Paese fondatore perché considerato una pericolosa zavorra. Furono al tempo Mario Draghi, presidente della Bce, a placare gli "spiriti animali" della finanza e la cancelliera tedesca, Angela Merkel, a tenere a bada i "falchi" dentro e fuori la Germania per sostenere la terza economia dell’Eurozona insieme alla moneta unica e quindi all’Europa intera. Dieci anni dopo Olaf Scholz ha visitato, in questo strano inverno 2021, un’Italia che cresce più della Germania – nonché dei principali Paesi Ocse – e nel fronteggiare la pandemia, parole del neo-cancelliere tedesco, «è un Paese luminoso», un Paese da seguire, altro che zavorra, e magari da imitare: «Tanto di cappello per l’impegno nel Pnrr», il bis. Scholz ha trovato cioè un’Italia un po’ più tedesca e si ritrova a guidare una Germania un po’ più italiana. Certo che la pandemia ha sconvolto le regole del gioco, ridefinito nell’emergenza estrema gli equilibri, quelli geo-politici e persino i rapporti di forza tra colossi tecnologici e Stati: oggi, per intendersi, Apple vale più di tutta l’economia britannica o dell’intera Borsa tedesca. Il dramma sanitario ed economico provocato dal Covid-19 ha suscitato soprattutto un sussulto di orgoglio e visione nell’Unione Europea, capace di costruire le prime forme di condivisione temporanea del debito per arginare la pandemia sociale e di progettare la ripresa con il Next Generation Eu, di cui l’Italia – non va dimenticato – è il principale beneficiario. Alla fase emergenziale, per stare al passo con i tempi accelerati in cui il virus ha proiettato il mondo, dovrà in ogni caso seguire un cambiamento strutturale nell’Europa, a partire dalle regole fiscali del Patto di stabilità e da quelle istituzionali sull’unanimità nelle decisioni, i temi affrontati ieri nell’incontro tra il premier italiano e il cancelliere tedesco. Cambiamenti che richiedono una leadership forte, esercitata innegabilmente sino a ieri e per quindici anni su scala europea da Angela Merkel. «Italia e Germania hanno deciso di parlare con una voce sola», ha dichiarato in visita a Roma Scholz. Ma dietro le parole di circostanza, l’attuale cancelliere tedesco ha già messo le mani avanti sull’eventualità di rendere più flessibili le regole di bilancio. E però è almeno plausibile, in questo particolare frangente, che trovandosi Italia e Germania in assetto meno squilibrato di ieri possano effettivamente determinare e forse scrivere una pagina nuova dell’agenda europea.
I rapporti economici non sono mai stati in discussone, nemmeno nei momenti più difficili. Con 120 miliardi di scambi commerciali, la Germania è di gran lunga il primo partner italiano a livello mondiale, davanti a Francia e Stati Uniti, mentre per Berlino il mercato italiano vale quasi 70 miliardi di beni e servizi esportati. Al di là del valore complessivo degli incroci di cibo e vestiti per automobili e birra, è soprattutto nella struttura produttiva che i due Paesi rappresentano un asse 'di fatto' a livello globale. Le rispettive manifatture sono infatti complementari nella costruzione delle cosiddette catene globali del valore, infrastrutture economiche che stanno subendo una forte ridefinizione a livello di macro-regioni proprio a causa della pandemia: la grande industria tedesca funziona con macchinari e semilavorati italiani, dai quali in buona parte addirittura dipende.
Sul fronte internazionale, poi, per l’altro grande Paese fondatore d’Europa, la Francia che si è appena legata all’Italia con un Trattato assai forte e impegnativo, si apre un anno di profonda incertezza con le presidenziali del prossimo aprile. La campagna elettorale non sarà una passeggiata per Emmanuel Macron, e gli esiti resteranno probabilmente aperti fino all’ultimo, tanto da impegnare l’attuale leader più a Parigi che a Bruxelles. Per l’alleanza italo-tedesca, dunque, ci sono maggiori margini di manovra. Resta da capire quali possano essere gli equilibri interni. Rispetto all’epoca Merkel, oggi, l’economia dei nostri partner non viaggia più a velocità doppia di quella italiana, pur dovendo l’Italia rendere duratura – prova tutt’altro che scontata – quella crescita che ha sinora la dinamica di un forte rimbalzo e per di più dalla 'cantina' in cui era precipitata. In Germania Scholz gode di una maggioranza solida, con l’incognita dei Verdi, ma non ha il prestigio e il 'peso' internazionale della cancelliera. Si ritroverà d’altro canto una Bundesbank guidata dal socialdemocratico Joachim Nagel, un veterano della 'Buba' scelto per la successione a Jens Weidmann, arrivato al passo d’addio, dopo dieci anni, il 31 dicembre prossimo.
Insomma, il contesto europeo potrebbe risultare il più adatto perché in un’Europa a trazione italo(franco)-tedesca sia proprio Mario Draghi a esercitare una parte significativa della leadership politica continentale, con l’obiettivo di indirizzare la nuova architettura normativa e istituzionale. Si tratterebbe di completare in qualche modo quel «viaggio in acque inesplorate» cominciato dieci anni fa, nel novembre 2011, al timone della Bce. Dipende naturalmente dalla nave che in acque interne sarà chiamato a – o che sceglierà di – comandare.