Fare beneficenza non è mai una cosa semplice. A chi vanno veramente i miei soldi? Come verranno impiegati? L’organizzazione che ho scelto è efficiente oppure gran parte delle risorse che gestisce viene sprecata o serve a finanziare la struttura? Queste domande sono legittime e sorgono spontanee ogni volta che ci apprestiamo a fare una donazione. Troppe volte ci siamo trovati a leggere e ragionare di fondi mal gestiti, sottratti, o mai arrivati a destinazione. E ciclicamente vengono condotte (anche su queste pagine, come i lettori sanno bene) inchieste giornalistiche che sollevano il coperchio su inefficienze, per non dire di peggio, collegate al grande e bellissimo mondo della solidarietà.
È bene che vi siano controlli e denunce, e che i casi negativi siano portati alla luce. Purtroppo le azioni di denuncia, per quanto necessarie, rischiano sempre di sortire un effetto indesiderato: indurre le persone a fare di tutta l’erba un fascio. Pensare cioè che i pochi casi negativi siano rappresentativi di mille esperienze positive. Non è così, come dimostra l’impegno di centinaia di organizzazioni serie e affidabili. Come fare allora ad orientarsi bene? A separare il grano dal loglio? A scegliere? La solidarietà, la beneficienza, la filantropia, si orientano su stili di gestione degli aiuti anche molto diversi tra loro, ed è difficile definire un modello migliore di un altro. Ci sono interventi che richiedono di pagare di più il personale, altri che ricorrono al volontariato, altri che si fondano sulla sobrietà, altri ancora che hanno bisogno di maggiori investimenti in comunicazione.
Esistono anche diversi strumenti per testare l’efficienza dell’organizzazione: bilanci trasparenti, valutazioni d’impatto, codici etici, controlli interni, certificazioni… Tutto serve, ma come l’esperienza insegna, tutto può anche essere contraffatto. La differenza, se siamo alla ricerca di un metodo di verifica efficace, la può fare anche il donatore. L’offerta presuppone sempre un atto di fiducia, una delega forte verso chi abbiamo scelto, che non vuol dire cessione di responsabilità, anzi. Donare è anche un’opportunità per conoscere meglio la realtà che stiamo sostenendo, per 'condividere' il senso della sua missione, avvicinarci il più possibile alla ragione del nostro impegno e di quello di chi è sul campo. Questa relazione e questa 'vicinanza' sono fondamentali perché la solidarietà possa dare buon frutto. Si può donare con un clic, un sms, o compilare un bollettino e voltarsi dall’altra parte, ma sapendo che nel tradimento di un’attesa la responsabilità non è a senso unico. Donare è fidarci di chi restituisce fiducia. E la costruisce.
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