Caro direttore,
ho molto apprezzato l’intervento su Avvenire del 9 dicembre 2017 della senatrice Annamaria Parente che ha evidenziato che «occorre intervenire per garantire che la formazione per tutti ed in particolare per i giovani sia adeguata e adeguatamente aggiornata sulle esigenze e sulle opportunità che l’evoluzione della tecnologia determina sul lavoro e nella società». La senatrice propone che «alcuni licei sperimentino un percorso didattico che sia centrato specificatamente sulla cultura digitale ( Liceo di Cultura Digitale), e che questa è una opportunità che merita un approfondimento e che non può essere di parte». In qualità di ex ministro della Pubblica Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ma anche di padre di tre figli, ritengo molto opportuno che su questo tema si apra al più presto un dibattito pubblico sereno, finalizzato alla proposta di un progetto di ampio respiro (in alcuni Paesi del Nord Europa questi progetti hanno la durata di 20 anni), con la partecipazione di esperti del mondo della scuola e del mondo del lavoro, considerando l’argomento come una delle priorità per il nostro Paese, «per innovare l’impianto della nostra scuola nel suo complesso, prestando particolare attenzione agli ultimi anni delle scuole medie superiori, dove i ragazzi sono più consapevoli del contesto che li circonda, delle proprie responsabilità sociali e delle proprie ambizioni», come evidenzia il dottor Maximo Ibarra, sempre su Avvenire, il 27 dicembre, intervenendo sullo stesso argomento.
Perché questa priorità e questa urgenza? È bene ricordare la situazione del nostro Paese: il sistema formativo italiano è stato progettato negli anni 20 del secolo scorso dal ministro Gentile, in condizioni sociali, culturali, del mondo del lavoro ed economiche ben diverse dalle attuali. Allora non era ancora iniziata la terza rivoluzione industriale, attualmente siamo nel pieno della quarta! La rivoluzione digitale sta producendo forti e rapidi cambiamenti nel mondo del lavoro, nella distribuzione dell’occupazione e nei profili professionali non solo nell’industria manifatturiera, ma anche nel settore del commercio, dei servizi alle imprese, dei servizi alle persone e della pubblica amministrazione.
La sfida per i sistemi formativi è quella di consentire ai cittadini di domani di inserirsi in sistemi produttivi e dei servizi in continuo e rapido cambiamento, con conoscenze e competenze adeguate. La ricerca The future of skills. Employment in 2030 (2017), sviluppata da Pearson, Nesta e The Oxford Martin School ha indagato il profilo delle competenze e delle professioni che potranno essere disponibili e richieste nel 2030. In tale anno i giovani, che iniziano ora il percorso scolastico, si presenteranno sul mercato del lavoro. I risultati principali della ricerca – condotta in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, ma generalizzabile a sistemi economico-sociali analoghi – sono che il lavoro nei suoi aspetti quantitativi e qualitativi, non è funzione solo del cambiamento tecnologico, ma è influenzato anche da un insieme di altre variabili, quali la sostenibilità ambientale, l’urbanizzazione, la globalizzazione, il cambiamento demografico, l’aumento delle disuguaglianze e l’incertezza del quadro politico. Si prevede una crescita per il 10% delle occupazioni attuali (in particolare nella scuola e nella sanità) e una diminuzione per il 20% (un dato inferiore alla maggior parte delle stime correnti).
Ciò significa che il 70% degli attuali occupati svolgono professioni per le quali è impossibile predire con certezza quale evoluzione avranno, ma è certo che il livello di scolarità richiesto sarà più elevato e che le conoscenze e competenze digitali avranno un ruolo centrale. La rivoluzione digitale cambia anche le modalità con cui le persone si relazionano tra loro e con l’informazione. Non sempre sono adeguatamente formate per valutare la veridicità e l’autorevolezza delle fonti delle notizie che arrivano dalla rete e dai social media e possono essere ingannati molto facilmente.
Lo scenario descritto richiede una formazione digitale non più legata solo all’auto-apprendimento, affidata ai singoli, alla capacità e alla possibilità di attingere a strumenti, insegnamenti e pratiche funzionali. Infatti, diventa fondamentale alfabetizzarsi e sviluppare le conoscenze competenze digitali non solo attraverso modalità informali, ma anche attraverso l’utilizzo di metodologie formali, da acquisire in ambito scolastico e attraverso esperienze di alternanza scuola-lavoro. I giovani sono coloro che maggiormente devono essere coinvolti nella formazione e qualificazione digitale istituzionalizzata, in quanto pur essendo 'nativi digitali', non hanno le conoscenze e le competenze appropriate per districarsi ed ottimizzare le risorse disponibili su internet.
La proposta di avviare la sperimentazione di un liceo della cultura digitale è la risposta adeguata alla domanda crescente di conoscenze e competenze digitali, ma deve essere supportata anche da un investimento del nostro Paese in una nuova generazione di insegnanti (per gli insegnamenti specialisti, quali per esempio, scienza dei dati, analisi dei dati, cyber security...), che formati nelle nostre università siano a loro volta dei formatori adeguati, per trasferire ai giovani liceali le conoscenze e le competenze necessarie.