venerdì 8 marzo 2013
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Era inevitabile, forse. Ma, a forza di cambiare le carte in tavola, chiamando conclave ogni riunione più o meno segreta di partito, con segretari e maggiorenti che impartiscono benedizioni e scomuniche come fossero noccioline mentre si celebrano i riti della politica, che il Conclave, quello vero, finisse per essere trattato come un’assemblea parlamentare (o un direttivo) era inevitabile. Tanto più un Conclave che cade in concomitanza col marasma postelettorale nostrano, così che a scorrere le pagine dei giornali, ogni tanto, ci si perde: ma di che si parla? Correnti, faide, cordate. Diplomazia contro pastoralismo, curia contro diocesi, estabilishment contro rinnovamento. Veleni contro trasparenza. Dossier, ricatti, rapporti segreti. A leggere il conclave di carta – e a crederci – ci sarebbe da restare basiti: manca solo, finora, che qualcuno sussurri l’inaspettata irruzione sullo sfondo della Sistina di una sorta di Movimento 5 Stelle (comete, magari, visto il contesto), e la sovrapposizione e sovralettura del Conclave con la vicenda politica (italiana e no, anche se in questo noi italiani siamo campioni) sarebbe completa. Sembra di essere tornati al ’77, e alla "fantasia al potere", tanto distante è la realtà – in sé davvero semplice, e in certi passaggi semplice fino alla banalità – dal racconto che se ne fa, salvo che stavolta la fantasia sembra vincere. Al posto degli indiani metropolitani di allora, un agguerrito e spesso altrettanto pittoresco esercito di cronisti, commentatori, grandi firme, che si cimentano con un mondo di cui, forse, hanno rinfrescato per l’occasione i contorni dando una letta svelta svelta a wikipedia, salvo poi disegnare apodittici e apocalittici scenari, dopo aver svelato il doveroso, "esplosivo" retroscena complottista. Con i vaticanisti di lungo corso, i pochi sopravvissuti ai tagli dettati da una crisi del giornalismo che è davvero globale, costretti a guardarsi le spalle perfino davanti alla macchinetta del caffè che in questi giorni, in Sala Stampa, è costretta agli straordinari. Perché? Per evitare che una battuta, scambiata tra colleghi tra una tazzina e l’altra, finisca il giorno dopo sparata come "sussurro che trapela dai Sacri Palazzi" (è già successo almeno un paio di volte, e una terza è attesa a breve). Ma, si sa, il lineare non tira. Non fa vendere copie, non fa ascolti... Il sereno interrogarsi dei cardinali sul cammino della Chiesa di domani deve per forza essere trasformato in qualcos’altro. Di più, distorto per venire incontro ai gusti del pubblico, o a quelli che sono creduti tali. Ed ecco servito il Vaticano come l’ultima corte medievale sopravvissuta alla storia – il cui vero peccato sembra essere il non volersi piegare alla logica del "politicamente corretto" ma, si sa, la voglia di serietà non paga. Si passa il messaggio che si vuol far passare, ignorando tutto il resto e, se serve, quando serve, inventando. Manca solo solo che scendano in campo anche le trasmissioni specializzate in noir, e il quadro sarà completo. Ma non si può dire. Al Conclave – quello vero – mancano ancora alcuni giorni. Quello di carta saprà ancora stupirci e desolarci. Prepariamoci al dopo, a quando ci spiegheranno quel che è successo dentro la Sistina. Senza saperlo, naturalmente.
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