Gentile direttore,
in relazione all’intervista di Antonio Maria Mira al dottor Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), pubblicata su “Avvenire” di mercoledì 10 gennaio 2018, avrei molte cose da osservare e precisare: e a tal fin le invio anche copia della lettera che contestualmente ho indirizzato al dottor Cantone, troppo giovane e troppo impegnato su tanti fronti per aver cognizione diretta di tutto ciò che ha detto. Consapevole, però, che può riservarmi solo poco spazio, la prego di consentirmi di precisare, per i suoi lettori, che non ho mai ridotto l’attività dei miei impianti, come dimostra il fatto che finché il Gruppo ha potuto (da gennaio 1960 all’8 aprile 2016) operare senza i vincoli derivanti dall’interdittiva prefettizia – contro la quale sto utilizzando tutti gli strumenti giuridici che la legge mi consente – Roma non ha avuto alcun problema nello smaltimento dei rifiuti. Mi consenta, poi, di manifestare il mio stupore per l’affermazione secondo cui «il signor Cerroni era in grado di gestire il sistema, stabilendo prezzi tariffe e modalità»: perché sono davvero stupito che il Presidente dell’Anac ignori il regime che nella Regione Lazio regola la formazione delle tariffe per il trattamento dei rifiuti urbani, totalmente – ripeto, totalmente – demandato alla Regione: la quale, infatti, per Malagrotta, non le ha aggiornate dal 2009. Infine, quanto all’auspicio che tutto il sistema sia pubblico, le faccio presente che nel periodo 1979-1984 ciò che auspica il dottor Cantone si realizzò a Roma con la società pubblica Sogein, ma che il disastro fu tale che l’Amministrazione comunale, guidata all’epoca dal Pci, mi invitò a riprendermi quelli che erano stati i miei impianti e che erano stati affidati alla Sogein.
Manlio Cerroni
L’avvocato Manlio Cerroni dimostra e conferma ancora una volta la sua fama di protagonista e il suo stile. Non tocca certo a noi di “Avvenire”, neppure a me che l’ho intervistato, difendere il presidente Raffaele Cantone, la cui storia di magistrato di prima linea, tra i primi a combattere le ecomafie, parla da sola. Sarà lui, se lo vorrà, dall’alto della sua competenza ed esperienza a replicare a una lunghissima lettera che Cerroni gli ha inviato e che ha allegato a quella indirizzata al nostro direttore che mi ha incaricato di dare risposta. Peraltro quanto affermato dal presidente dell’Anac è esattamente quanto scrive anche la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite nel ciclo dei rifiuti, che alla “galassia Cerroni” dedica circa trenta pagine e centinaia di citazioni nella relazione su Roma e il Lazio. Purtroppo non positive. In quella Relazione, tra l’altro, si parla proprio di “monopolio” e si ricordano l’arresto dello stesso Cerroni e il processo in corso con accuse molto gravi. L’avvocato ancora una volta vuole accreditare il suo ruolo di salvatore della Capitale. Ci permetta di dissentire, con garbo e fermezza, e non solo per quanto affermato dal dottor Cantone. Se Roma è in emergenza rifiuti, se Roma non ha impianti che “chiudano” il ciclo di smaltimento e trattamento è certo responsabilità di una politica che non ha deciso e che continua a non decidere, ma anche perché si è permesso che i rifiuti della Capitale avessero un unico “padrone”. E un’unica soluzione, cioè il grande “buco” della discarica di Malagrotta, finito anche nel mirino dell’Unione Europea. Scelta sbagliata politicamente, economicamente e tecnicamente. E anche legalmente, visto l’interdittiva antimafia che ancora colpisce gli impianti di Cerroni. Non sta a noi – garantisti come siamo – giudicare qui e ora di questo, ma siamo e restiamo liberi e decisi a contestare, documentandone limiti e dannosità, un modo vecchio e spesso poco trasparente – lo afferma la magistratura – di gestire i rifiuti. Non finiremo mai di farlo, come i nostri lettori lo sanno bene, a Roma e non solo a Roma.