Tg di ieri sera, le norme del Dpcm di Natale. Vietati gli spostamenti fra Regioni dal 21 dicembre all’Epifania, e perfino fra i Comuni della stessa Regione, il 25 e 26 dicembre. Sentendo di questo divieto, in quanti abbiamo sussultato: pare un Natale agli arresti domiciliari quello che si annuncia, in chiusura di un amarissimo 2020. Quanti nonni, fratelli, nipoti, negli hinterland e nella provincia italiana, abitano in Comuni divisi appena da una manciata chilometri. E quindi quanto davvero, se queste norme sono definitive, il prossimo 25 dicembre sarà, irrimediabilmente, diverso da ogni altro. Quante persone, e spesso avanti con gli anni, quel giorno lo passeranno da sole a meno che uno «stato di necessità» non lo imponga. Ascolti e ti verrebbe voglia di dire al Governo: si può morire anche di tristezza, non soltanto di Covid. Ma, ieri, si apprende a sera, i morti in Italia erano 993. Mai, così tanti. Siamo ormai ben oltre i cinquantamila. Allora, noi stessi che trovavamo quei divieti di Natale intollerabili ci siamo fermati a pensare a questi mesi. Al lavoro stremante nei reparti negli ospedali, ai medici e agli infermieri che pure sono morti. Ai momenti terribili in cui i respiratori non bastavano. Ai camion carichi di bare che nella notte, in silenzio, come in una tragica ritirata, lasciavano Bergamo, dove non c’era più posto nei cimiteri.
Il costo umano del Covid in Italia è stato imponente, ma poteva esserlo ancora di più senza i sacrifici fatti, e la crisi che ne deriva lo sarà, temiamo, altrettanto. Allora puoi immaginare che l’urgenza di fermare una terza ondata di contagi che si profila all’orizzonte mentre la seconda ancora monta sia alla base di un decreto, in alcuni passaggi, duro da accettare. Perché sono proprio le riunioni conviviali fra persone che abitualmente non si frequentano, vivendo lontani, ciò che il virus, l’invisibile convitato, attende per tornare ad allargarsi. Il cenone in cui i commensali vengono da città diverse, da luoghi distanti, è il crocevia da cui, ormai lo sappiamo, si dipartono le nuove linee di contagio, come una ragnatela. E il ragno, ancora non smette di tessere.
Natale però, proprio il giorno di Natale, continui a pensare. Quanti vecchi soli. Sono, però, proprio loro i più fragili, da proteggere da un virus che può essere, aggiunto ad altri malanni, il colpo definitivo. E quindi questo inimmaginabile 2020 nel suo finire ci mette, per quanto riguarda i nostri nonni, davanti a un aut aut che brutalmente potrebbe essere tradotto: il Natale "in presenza" o la vita? Che amarezza, certo, rinunciare a uno dei pochi momenti in cui ci si ritrova tutti insieme: si può capire l’insofferenza che questo dovere genererà. È forse però l’aspro prezzo da pagare, perché le curve dell’incidenza dei malati e dei morti non tornino a impennarsi, fuori controllo. Nel decreto, si parla anche di altro. Di impianti da sci chiusi, di cenoni vietati negli alberghi, di San Silvestro con coprifuoco alle dieci di sera, di quarantena per chi torna da viaggi all’estero. Un ulteriore colpo per operatori turistici, albergatori, e per tanti semplici lavoratori già in forti difficoltà. Ma c’è una fascia di proteste che avverti qui e là, che non ha niente a che fare con la crisi. È quella di chi si vede privato delle vacanze sulla neve, o nella seconda casa, o di una festa di Capodanno affollata che duri fino all’alba. Belle cose, insomma, ma non indispensabili. Cui in un anno come questo si può rinunciare: grati magari, invece, che il Covid non ti sia passato vicino, se ancora puoi continuare a mantenere intatte le tue abitudini, e avere voglia di brindare a champagne.
Proprio questa forse è la scriminante, nell’Italia che ieri sera dai tg ha ascoltato le norme del Dpcm di Natale. Chi si è ammalato o ha perso una persona cara, o il lavoro, sa quale solco lascia l’epidemia quando ti colpisce.
Chi invece è rimasto indenne, e non ha neanche paura del domani, questiona sul coprifuoco di San Silvestro – perché in realtà, non ha perso niente. Ci sono rinunce minori e rinunce grandi, in questa fine d’anno. Quella di stare insieme alle persone care, è grande: e soprattutto per chi quel giorno non avrà nessuno accanto. O per i figli, per la prima volta senza i genitori vicini. Sarà come smarrito, Natale senza di loro, un posto vuoto a tavola che lascerà pensierosi e straniti. Protestare, ribellarsi? Ma, quella cifra come uno schiaffo possente: 993 morti. Sperare allora che questo Natale drammatico, mai visto, sia un duro costo umano che possa almeno servire ad arginare il virus: e il numero dei malati e morti, con il 2021, calante. Perché sia – veramente – un anno nuovo.