La vita di Jeff Bezos, con i suoi ultimissimi episodi, sarebbe un bel soggetto per una serie del catalogo di Amazon Prime Video. Una liceale del New Mexico rimane incinta, il giovane marito l’abbandona quando il piccolo Jeff ha appena un anno. Lei si risposa con un ingegnere cubano immigrato che adotta il bambino e gli trasmette la sua passione per la scienza. Jeff sogna di andare nello spazio. Studia tanto, lavora duro. Inizia friggendo le patatine al McDonald’s e finisce per diventare l’uomo più ricco del mondo creando Amazon. Nello spazio ci andrà davvero, il piccolo Jeff diventato grande: il prossimo 20 luglio assieme a suo fratello e a uno sconosciuto disposto a pagare qualche milione di dollari Bezos si farà lanciare a 100 chilometri dalla superficie del mare dentro una delle navette della sua Blue Origin, la società che ha fondato per inseguire il suo desiderio di bambino. Sarebbe un altro grande racconto del 'sogno americano'.
Con un altro taglio, la vita del fondatore di Amazon potrebbe invece essere la base per un’inquietante serie distopica. L’umanità è in difficoltà. La popolazione mondiale è chiamata a sforzi enormi per contenere il riscaldamento climatico. Servirebbe unità per riuscirci, ma la gente è divisa, litigiosa e sfiduciata. Anche perché la sproporzione tra la ricchezza di chi ha tanto e la povertà di chi ha poco è cresciuta in modo impressionante.
Milioni di occidentali stanno assistendo all’inesorabile scivolamento verso il basso della qualità delle loro vite. In questa situazione cupa, gli stramiliardari, che hanno accumulato ricchezze difficili da concepire, sono tutti presi dall’organizzazione di gite nello spazio per loro e per i pochissimi che possono permettersele. Dicono che lo fanno per gli altri, stanno facendo le prove, perché il nostro pianeta sta diventando inabitabile e quindi bisognerà prepararsi a traslocare in orbita. O magari su Marte, oppure a trasformare la Terra in un enorme quartiere residenziale costruendo nello spazio le fabbriche che produrranno ciò di cui noi terrestri abbiamo bisogno senza riempire l’atmosfera di anidride carbonica.
Strambe teorie, queste sui nostri orizzonti planetari, che sono uscite davvero dalle bocche di Bezos ed Elon Musk, fondatore di Tesla e suo grande rivale sia nella corsa al turismo spaziale che in quella per il titolo di più ricco del mondo. Due autentici geni del business, veri campioni del capitalismo tecnologico dei nostri anni. Con tutto ciò che di buono e di cattivo questo comporta.
Se il pianeta sta diventando inabitabile una buona parte della responsabilità è anche del modello di impresa insegnato al mondo da un’azienda vorace come Amazon, che ha reso le nostre vite più comode ma ha anche esasperato il consumismo più vuoto, generando enormi traffici internazionali di prodotti 'made in China' – roba spesso da pochi euro e molte emissioni di CO2 – trasportati nelle nostre case a costo zero (apparente) in tempi brevissimi.
Mentre soltanto la capacità istrionica di Musk riesce a distogliere l’attenzione dalle continue contraddizioni di questo manager, che da un lato vende costose automobili elettriche per andare oltre il petrolio, ma dall’altro spara razzi alimentati a kerosene per consentire presto giretti in orbita a sé stesso e altri miliardari (nel frattempo si presta a fare l’influencer per criptovalute dall’assurdo consumo energetico).
«Vedere la Terra dallo spazio cambia il tuo rapporto con il pianeta, con l’umanità…», racconta un sognante Bezos nel video che annuncia la sua gita spaziale. Forse nei dieci minuti che passerà ai confini dell’atmosfera vedrà un mondo che chiede a un tapino resistente della classe media di spendere lo stipendio di un anno per comprarsi una macchina a basse emissioni mentre lui si gode lo spettacolo del pianeta che gira.
E assapora i profitti dell’imminente boom del turismo spaziale, sul cui impatto ambientale nessuno dei presunti nuovi profeti della 'sostenibilità aziendale' sembra avere nulla da ridire. Ognuno è libero di spendere i propri soldi come preferisce e ogni epoca ha gli ultraricchi che si merita. Non è detto che sia un male che alcuni di loro se ne stiano in orbita, magari anche per qualche anno, mentre altri provano a risolvere i problemi che abbiamo quaggiù.