«Il gender non esiste». La sentenza arriva dall’assessora regionale alle Pari opportunità della Regione Piemonte, Monica Cerutti. Che è così tanto certa della sua tesi, da metterla addirittura nero su bianco in una lettera inviata a tutti i genitori della sua Regione, con la raccomandazione di non farsi ingannare «da chi diffonde queste vere e proprie bufale». Non possiamo che concordare. Non esiste "una" teoria del gender. Ma ne esistono almeno una decina, E tutte, con sfumature variabili, concorrono proprio a dimostrare quello che la responsabile per le Pari opportunità ritiene giusto smentire, cioè il superamento delle identità di genere maschile e femminile per promuovere un quadro identitario fluido, fantasioso e disponibile alle variazioni. Soprattutto libero dagli "stereotipi" che appesantiscono la nostra povera esistenza di sempliciotti, rispettosi di ogni persona, eterosessuale od omosessuale, eppure ancora e sempre convinti che i sessi siano due. E invece, secondo i pensatori che negli ultimi trent’anni hanno portato fieno alla cascina della gender theory, il genere è qualcosa di impalpabile e indefinibile. A volte può scomparire, a volte può moltiplicarsi all’infinito, secondo un flusso ondivago inversamente proporzionale al rigore intellettuale di queste correnti di pensiero. Non ci crede? Venga, gentile assessora, facciamo insieme un giretto in biblioteca per scoprire qualcosa in più su questa teoria «che non esiste».
Cominciamo da Judith Butler, sociologa americana, allieva di Michel Foucault e Jacques Deridda, proprio loro, i filosofi che cominciano a mettere in dubbio le opposizioni binarie del nostro modo di pensare, corpo/anima, uomo/donna, maschile/femminile. Ma Judith fa ancora meglio, applicando quelle teorie al genere. Anzi, proponendosi di staccare il sesso dal genere, perché entrambi – lei sostiene – sono costruzioni intellettuali nelle mani dei poteri forti, la politica, le religioni, la cultura della «costrizione riproduttiva». Scrive nel 1990 in "Questioni di genere. Il femminismo e la sovversione dell’identità" (tradotto in italiano da Laterza nel 2013): «La radicale scissione del soggetto connotato dal punto di vista del genere pone un’altra serie di problemi… Ne consegue che il genere non sta alla cultura come il sesso non sta alla natura». Obiettivo? Lo svuotamento della sessualità e l’approdo al fantomatico "sesso post genitale". Perché, in questo modo, «uomo e maschile potrebbero riferirsi sia a un corpo femminile, che a uno maschile; donna e femminile, sia a corpo femminile che a uno maschile».
Che dice, cara assessora Monica Cerutti, non basta? E allora prendiamo dallo scaffale "I cinque sessi: perché maschile e femminile non sono abbastanza", scritto dalla genetista Anne Fausto Sterling e pubblicato su "The Sciences", la rivista della New York Academy of Science nel marzo/aprile 1993. Un testo in cui teorizza la necessità di aprire la strada alla cosiddetta «intersessualità», cioè la possibilità che esistano sessi intermedi tra il maschile e il femminile. Parte da considerazioni scientifiche a proposito della sindrome del sesso indefinito – che rimane un patologia e non una «tendenza di genere» come vorrebbe farci credere il "National Geopraphic" nel numero di dicembre – e poi allarga il concetto a considerazioni socio-culturali per affermare che «il sistema a due sessi definito della nostra società non è sufficiente per comprendere l’intero spettro della sessualità umana». Ma si può sempre fare meglio e, una decina di anni dopo, Sterling si supera in "Politiche di genere e costruzione della sessualità" (2004), arrivando ad affermare che è inutile elencare tutte le variabili delle identità sessuali, perché «sesso e genere sono meglio concepiti come punti in uno spazio multidimensionale». Straordinario, no? Peccato che, senza considerare variazioni patologiche, tutte queste «multidimensioni» siano sconosciute alla biologia umana.
Quante cose si possono scoprire studiando un po’ la teoria «che non esiste». Vero, gentile assessora? Ultima proposta: perché non sfogliamo insieme 'Genere oltre la legge: la nuova generazione' (2014), scritto da Kate Bornstein, artista e drammaturga, considerata l’ultima interprete della gender theory, la grande inventrice della fluidità sessuale? Ecco un passaggio eloquente: «La capacità di diventare in modo cosciente e libero uno degli infiniti numeri di genere è la nuova frontiera della sessualità… la fluidità di genere non conosce limiti o regole di genere». E il cerchio si chiude. Prendendo alla lettera la profetessa Kate, Google Usa proponeva fino a pochi mesi fa una scelta tra 70 tipologie sessuali declinabili in 70 «sottospecie». Quindi 490 «orientamenti ». Grottesco e forse solo tragico. Ma forse adesso la gentile assessora piemontese manderà una circolare per spiegarci che neppure Google esiste.