La manifestazione davanti alla Cassazione - ANSA
I buoni risultati scacciano ogni ombra, basta guardare la foto di ieri mattina davanti alla sede della Corte di Cassazione, proprio sotto la statua di Cavour: Fratoianni, Conte, Schlein, Bonelli, Landini, Maraio, Boschi, Ciani, Bindie Magi... Più che l’Ulivo del tempo che fu ricorderebbe l’Unione del 2005, ma i protagonisti probabilmente si lascerebbero andare a gesti scaramantici, data la breve e travagliata vita di quell’avventura politica.
Fatto sta che ieri, al deposito del quesito referendario per l’abrogazione della legge sull’autonomia differenziata, mancava solo Azione di Carlo Calenda, che ha fatto sapere di non essere interessato. Per il resto c’erano tutti gli oppositori del governo di Giorgia Meloni. E alcune dichiarazioni distensive e “ragionate”, precedenti e successive all’appuntamento, da quella di Matteo Renzi a quella di Elly Schlein, a quella di Benedetto Della Vedova di +Europa, lasciano intravedere un sentiero che condurrebbe a un’intesa tra le forze di sinistra (adesso vi si può annoverare anche il M5s, iscritto in Europa al gruppo The Left), di centrosinistra e di parte del centro liberaldemocratico.Il parallelo con quanto sta avvenendo in Francia viene facile, forse troppo.
Perché sei buoni risultati aiutano, c’è sempre da tenere a mente che la politica non è il calcio. E “desistere” per evitare che la destra vada al governo, come appunto avviene Oltralpe, è cosa diversa da unirsi per proporre un’alternativa solida e credibile a una destra che, in Italia, già governa.
Schlein sembra essere consapevole delle difficoltà e delle distanze tra quelli che, «testardamente» direbbe lei, vede come naturali (verrebbe da dire: inevitabili) compagni di strada, quando li invita a «vedersi più spesso» e ripete che «il tempo dei veti è finito».
La strategia del «per», ovvero cercare di costruire proposte condivise sui grandi temi, è sicuramente faticosa ma probabilmente è la sola che può avere una prospettiva di successo, in un futuro più o meno prossimo. Con il rischio di perdere qualche pezzo per strada. Un’operazione assai più complicata del “changed Labour” di Starmer.