C atechizzare gli ignoranti? No, non è S. Agostino, ma titolone sul prezioso “Domenicale” del “Sole24ore” (30/4. p. 1): «La Fabbrica delle vocazioni». Bucciantini su «La vocazione. Storie di Gesuiti tra Cinquecento e Seicento» dello storico Adriano Prosperi parte dall’elogio della grande Natalia Ginzburg per «educazione dei figli» a «libertà» e «amore per la vita». Per lui contraltare perfetto a quella che per Prosperi è immagine unica dei Gesuiti nella matrice originale, gli “Esercizi Spirituali” di Ignazio di Loyola: pilastri fissi «chiamata divina e obbedienza alla Chiesa» poi ridotti a uno, obbedienza assoluta e cieca «imposta dall’alto». Unica fisionomia: totale uniformità alla volontà dei «Superiori». Ovvio il rimando a slogan usati e abusati in celebri polemiche antigesuitiche del XVIII secolo: su ordine superiore dirai «bianco» anche se vedi «nero» e «mezzogiorno» anche a «mezzanotte »! Ultima follia: nel finale un parallelo tra vocazione gesuita e indottrinamento dei militanti comunisti italiani tra il 1945 e il 1956! Che dire? Che la povera Natalia Ginzburg non c’entra niente, ma soprattutto che ridurre a questa unica paradossale esasperazione cinque secoli di vita dei Gesuiti è delitto. Se ripensi ai grandi gesuiti del recente passato vi trovi varietà infinita, da ferrei tradizionalisti alla Tacchi Venturi, “il gesuita di Mussolini”, a Pierre Teilhard de Chardin, da Louis Billot con l’Action Française a Virginio Rotondi, Karl Rahner, René Arnou, Bartolomeo Sorge, Ennio Pintacuda, Pedro Arrupe, Carlo Maria Martini, mille altri e sì, anche Jorge Mario Bergoglio! Tutti «cadaveri» obbedienti a un’unica mente centrale? Lì sopra viene bene un titolo: «Tre soldi non bastano». E c’è altro: stesso “Domenicale” (p. 38) elogio perfetto della «Libertà». Non è la Ginzburg, ma un vescovo, il segretario generale della Cei, Galantino. Che sfortuna!
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