Caro direttore,
gli editoriali di Leonardo Becchetti e Marco Girardo, pubblicati su questo giornale nei giorni scorsi, indicano la strada che la buona politica ha il dovere di perseguire: battersi in Europa per la cancellazione del debito Covid. L’emergenza è globale e amplifica i divari tra i più ricchi e i più poveri, tra donne e uomini.
La disoccupazione rischia di salire alle stelle, la povertà colpirà – e già colpisce – milioni di persone anche nel ricco mondo occidentale e i servizi pubblici essenziali spesso scontano l’incuria del passato. A fronte di ciò, per preparare un futuro migliore e voltare pagina rispetto agli errori dell’ultimo decennio bisogna attuare scelte coraggiose e in forte discontinuità. La spesa pubblica sta aumentando mentre il Pil diminuisce: ciò comporta che i debiti pubblici in rapporto al Pil continueranno a salire alle stelle, e non solo in Italia.
C’è però un apparente paradosso che spiega chiaramente quale sia la strada da seguire, oggi e domani, per evitare che si materializzi una seconda grave crisi dei debiti sovrani, come quella che l’Italia e altri Paesi europei hanno pagato a caro prezzo nel biennio 2011-2012. Durante una pandemia dagli effetti economici devastanti, con il rapporto debito-Pil proiettato ben oltre il 150%, l’Italia si finanzia sui mercati a tassi di interesse mai così bassi: vicini allo zero sui Btp a 10 anni e addirittura negativi per i titoli con scadenza inferiore ai 5 anni.
Quale la ragione? In tutta evidenza la grande differenza rispetto alla crisi precedente è l’azione repentina e ampia della Bce a sostegno dei debiti pubblici nazionali. In questo contesto, con il Patto di Stabilità sospeso almeno per tutto il 2021 e con il Recovery Fund in arrivo nonostante gli intoppi fisiologici nelle trattative continentali, cancellare il debito da Covid sarebbe un segnale di fortissimo rinnovamento dell’Unione Europea. Tecnicamente ci sono pochi dubbi sulla possibilità di farlo, per la semplice ragione che la Bce non è un creditore qualunque, sottoposto ai vincoli di bilancio stringenti di un’impresa o di una banca commerciale, ma è l’istituzione che emette la moneta legale.
Il fatto che i Trattati europei non consentirebbero alla Bce il finanziamento monetario degli Stati, quale di fatto è la cancellazione di una parte del debito, non è un problema insormontabile per due ragioni: i Trattati si possono sempre cambiare, come già successo in passato, e soprattutto lì dove c’è la volontà politica sono suscettibili di interpretazione flessibile, come sta succedendo da anni per quanto riguarda il Quantitative easing della stessa Bce. Invece di cancellare il debito con un tratto di penna, ad esempio, la Bce potrebbe renderlo perpetuo consentendo agli Stati di non doverlo ripagare mai. La forma contabile sarebbe diversa ma il risultato in termini finanziari lo stesso. Il punto, piuttosto, è politico.
Una proposta ambiziosa come la cancellazione di una parte del debito fino a qualche mese fa sarebbe stata considerata 'populista' e 'irresponsabile' da gran parte dei tecnici e degli opinionisti. Oggi se ne discute apertamente ai massimi livelli istituzionali europei. I tempi stanno cambiando, ma purtroppo non tutti i governi europei sono convinti di evolvere verso un’Europa della solidarietà e della condivisione degli onori e degli oneri. La più grande sfida che ci aspetta, come politici, è fare la nostra parte perché un dibattito di questa portata continui e si approfondisca, fino ad arrivare a una soluzione comune.
deputata del M5S e capogruppo in commissione Politiche Ue