Direttore, la caccia all’untore mi ha sempre spaventato. E oggi sta avvenendo nella mia parrocchia. Vogliamo parlare dei quartieri degradati? Facciamolo. Vogliamo discutere di camorra e camorristi a Napoli e dintorni? Finalmente! Vogliamo invitare chi ci governa a gettare uno sguardo sulle periferie a rischio? Sarebbe ora. Vogliamo parlare dello scempio immenso della pedofilia? È urgentissimo farlo. Dimmi, caro Marco, da quanti anni il giornale che dirigi, ha ospitato, a riguardo, tra tante altre e pubblicando dossier su dossier sulla violenza ai più piccoli, anche le mie riflessioni? Il nesso di causalità povertà-pedofilia, però, non esiste. Il solo pensarlo è un abominio. Un vero regalo a tutti i viziosi e feroci pedofili ricchi.Don Fortunato Di Noto, mio confratello siciliano, che ha promesso di venirci a fare visita in questi giorni, ce lo potrà confermare meglio di chiunque. Continuare a definire quel condominio «palazzo degli orrori» o «palazzo incriminato» mi fa venire i brividi. Mi fa male. Mi fa piangere. Chiedo a te, direttore caro, e ai tanti colleghi onesti e preparati di aiutarmi a rimanere dalla parte dei poveri senza dovermi vergognare.
Maurizio Patriciello
Stiamo e staremo sempre dalla parte delle vittime. Con te, certo, caro don Maurizio. Stiamo e staremo dalla parte dei poveri. Senza esitazioni. Continueremo perciò a non nascondere il male che bisogna conoscere per far vincere il bene, e a resistere alla tentazione dell’indignazione e del cinismo che porta a sbattere il "mostro" in prima pagina e a "mostrificare" un intero gruppo di persone e di famiglie (come altre volte una categoria, un popolo, una fede) per poter strillare titoli e sentenze precipitose e presuntuose. L’orrore, il dolore e l’omertà – ne parli tu e ne scrive, oggi stesso, Ferdinando Camon – pretendono giustizia e non sopportano nuove ingiustizie. Soprattutto ai danni di chi non ha voce e non viene ascoltato, soprattutto di chi porta infinite volte la croce della sofferenza. Faremo il nostro mestiere, contaci. Che è di cronisti che non smettono di essere uomini. (mt)