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Caro direttore,
ho molto apprezzato l’articolo di Marina Corradi pubblicato il 20 luglio che evoca il mare d’erba del Passo delle Erbe, anche perché parla di luoghi da me sistematicamente frequentati da più di cinquant’anni. Devo però rimproverare l’autrice per l’imperdonabile errore che compie definendo “ampezzane” le donne del posto. No, cara Marina, non siamo in Ampezzo, siamo in Val Badia e, anche se le due zone condividono – con qualche differenza – la stessa lingua ladina, si tratta di due entità ben diverse, l’una in provincia di Belluno, l’altra di Bolzano, l’una in Veneto, l’altra in Alto Adige. Può sembrare un problema di lana caprina, ma vada lei a dare del comasco ad un valtellinese. “Badiotte” erano e sono le donne che arricchiscono con il loro patrimonio di umanità e di conoscenza le famiglie e la società di questa bella valle. Cordiali saluti
Valentino Masotti
Gentile signor Masotti, lo so bene che le donne del Passo delle Erbe non sono ampezzane. Nell’articolo di giovedì 20 iniziavo parlando del Passo delle Erbe, dove sono stata pochi giorni fa, ma più avanti, dicendo della memoria cui mi hanno riportato quei prati fioriti e ondeggianti al vento, mi riferivo alle estati della mia infanzia, nella conca d’Ampezzo. E certo sono due mondi affini ma ben differenti, ladini entrambi ma uno in Alto Adige e l’altro in Veneto; benché ciascuno recante nella struttura delle case, delle chiese, nei balconi pieni di fiori, il marchio di un Impero austroungarico che ancora non si dissolve del tutto. Forse ha indotto in equivoco il fatto che non abbia nel pezzo nominato Cortina; questo perché, benché bellissima Cortina sia sempre, c’è una forte disparità fra il luogo mondano di cui scrivono oggi i giornali, e quello della mia infanzia. La “mia” Cortina era una vecchia casa di montanari con una stalla da poco dismessa e, sopra, un grande fienile dove passavo ore ad esplorare fra arcolai, slitte, rastrelli. C’era un lavatoio di pietra che gettava giorno e notte acqua freschissima, e le donne ancora lavavano lì le lenzuola; e attorno prati immensi, e una banda di ragazzini del posto da cui ero riuscita, benché femmina, a farmi accettare. Quest’ “altra” Cortina della mia infanzia è per me un luogo tanto caro e quasi sacro, che ancora adesso di notte lo sogno. Se scrivo “Cortina” adesso, chi legge pensa alle vacanze dei vip: la mia valle invece era un’altra, e dunque spesso non faccio quel nome. A dire il vero anzi nemmeno ci vado, arrivo al passo Falzarego e torno indietro - mi accelera troppo, se mi avvicino, il cuore. Le badiotte e le ampezzane, puntualizza giustamente lei, signor Masotti. Le ampezzane le ho conosciute quando ero veramente piccola, e ne conservo una profonda ammirazione. Le “mie” ampezzane, almeno le anziane, portavano la gonna lunga e nera nei giorni feriali, ma la domenica si vestivano di festa, con pizzi candidi e scialli preziosi. Io mi meravigliavo: per me, la domenica non era già più il giorno da santificare, il giorno di Dio. Gli altri giorni, laggiù si lavorava duro dall’alba: la casa, il bucato, l’orto sempre perfetto, i campi da falciare e rastrellare – a mano, solo a mano. E che grazia e che ordine, in ogni cosa: la precisione con cui queste donne piegavano le lenzuola asciugate al sole, passandosene a vicenda i lembi, quasi in una danza, mi è indimenticabile. Era un mondo ancora vergine di tv, che aveva conosciuto la povertà, e, prima, la tragedia della Grande Guerra. Quelle donne, ottantenni negli anni ’60, avevano perso dei figli nelle trincee sulle Tofane. Nel grande fienile della mia casa trovai un elmo arrugginito con sopra inciso, con un coltello: “Mamma, se posso torno”. Quella scritta disse a me, bambina, della guerra, più di molti libri di storia. Ho avuto il privilegio di sfiorare l’ultimo lembo di un mondo che stava finendo, e che avendo conosciuto povertà, guerra e dolore, aveva portato la sua gente a una statura umana oggi rara. Quel mondo, poi, viveva nello splendore di una valle circondata da meravigliose montagne. Le ampezzane che conobbi ricordavano i figli perduti nel silenzio mistico dell’alba sulle Tofane, ed erano certe che li avrebbero ritrovati - anche questo trasmisero, alla bambina milanese che le osservava stupita. Badiotte, certo, sono le donne allo stupendo Passo delle Erbe, e ampezzane a Cortina: mi scuso per l’equivoco, ma lo so molto bene. Quasi mi sento a volte più discendente di quelle montanare severe e dolci, che delle donne della mia Milano. Grata di avere avuto il dono di scorgere gli ultimi anni di un mondo perduto.