J'accuse il Suv mezzo irrazionale
giovedì 22 ottobre 2020

Era il 1973, la prima crisi energetica, e Ivan Illich aveva pubblicato “Energy and Equity”, una critica radicale al sistema automobilistico. “Le Monde” ne fece subito una versione francese. In Italia uscì nel 1981 e poi molto più tardi nel 2006 con un titolo un po’ equivoco, “Elogio della bicicletta”, per Bollati. Il ragionamento di Ivan Illich era semplice. Ci sono strumenti che, se si diffondono, impediscono ad altri strumenti di funzionare. L’automobile, nata per rendere “più facili” gli spostamenti è diventata il maggior ostacolo alla mobilità, perché ne ha preso il monopolio.

È quello che Illich chiama «contro–produttività ». Illich allora fu criticato da destra e da sinistra, con ragioni analoghe, come luddista, anti–industrialista e quindi anti–operaista o semplicemente idealista. Le cose da allora non sono molto cambiate o meglio lo sono a tal punto che non è quasi più possibile parlarne. Che il sistema automobilistico non funzioni è sotto gli occhi di tutti, e di chiunque prende l’auto per spostarsi. Che sia un complesso dove c’è una entropia, uno spreco di energia e un inquinamento disastroso anche. Che sia la prima causa della scomparsa dello spazio pubblico, della invasione delle strade e dei marciapiedi e quindi la causa diretta della distruzione del valore dei centri urbani, soprattutto laddove essi non erano stati concepiti per l’auto, anche su questo ci sono pochi dubbi. E nelle città pensate per le auto le cose non vanno diversamente: c’è un punto di congestione che prima o poi impedisce all’auto di esprimersi come mezzo utile.

Eppure l’auto è presente nelle nostre vite più pervasivamente del passato. Sembra quasi una nostra “appendice naturale”, al punto tale che riusciamo a sopportarne tutti gli svantaggi che ne derivano. E non riusciamo a immaginare una loro assenza. Agli utopisti vengono lasciate le piste ciclabili, a loro rischio e pericolo, ma la “realtà” sono le automobili. Come si può spiegare un successo tanto duraturo? Il successo di qualcosa di ingombrante, inquinante, pericoloso e in ultima analisi poco consono alle convivenze umane e somigliante molto più a una forma di autismo collettivo? Partiamo da questa ultima considerazione. L’auto rappresenta lo sviluppo di una tendenza all’isolamento che è il trend sostenuto dall’industria e dal sistema delle comunicazioni negli ultimi cinquant’anni. Auto, telefono portatile e computer sono il trio che inneggia al “via dalla pazza folla” e ai valori indiscussi dell’individualismo. Un uomo o una donna, soli al volante che telefonano.

E che sono difesi da una scatola di latta dal mondo là fuori, un mondo violento o molesto, inquinato, contagioso e comunque irrispettoso della privacy. Trent’anni fa, percorrendo in taxi il Golden Gate di San Francisco mi resi conto per la prima volta che la maggioranza dei Suv che attraversavano la baia erano guidati da donne sole. Oggi a distanza di trent’anni mi accorgo che in Italia il Suv rappresenta una forma di status/protezione che attira in maniera impressionante il pubblico femminile. Ci si sente sicuri, ci si può fidare di portare a scuola i marmocchi, è il simbolo di una libertà sicura che stabilisce tra voi e il mondo là fuori una precisa divisione. È talmente appealing che nel quartiere popolare di Palermo, dove vivo, la loro presenza è ubiqua, a fronte del loro costo esorbitante. Ma l’utilitaria non ha lo stesso status, né l’avrà mai e allora tanto vale indebitarsi all’estremo, si vive una sola volta. E qui interviene un’altra delle ragioni irrazionali del successo dell’auto e dei Suv.

Dapprima riassumiamo le “irrazionalità”: a) Più grande è l’auto e più difficile è muoversi con essa in cittàù; b) Più grande è e più consuma; c) Più grande è e più inquina. 4 auto su 10 al mondo sono oggi Suv facendo di esso la seconda causa di incremento dell’inquinamento da CO2 globale. Dal 2010 al 2018 l’aumento di vendite di Suv è passato dal 17 al 39 per cento del mercato globale, portando le emissioni annuali a 700 megatonnellate di CO2 più del totale prodotto in Regno Unito e Paesi Bassi insieme. I Suv hanno reso inutili innovazioni tecnologiche, incentivi e politiche energetiche che avevano tentato negli stessi anni di ridurre le emissioni o di portarle ai limiti richiesti per salvare il pianeta o per lo meno diminuirne la devastazione (International Energy Agency 2020). Adesso passiamo alla ragione principale del successo. Il Suv viene comprato proprio da chi “sa” che il mondo sta finendo e allora dice “tanto vale!”.

È il bicchiere di whisky dell’alcolista all’ultimo stadio, il sigaro del malato di cancro, la cassata del super–obeso. Sì, se il mondo sta finendo tanto vale che me la godo, almeno io. L’auto è il suo corollario inferiore. Certo sarebbe più auspicabile spostarsi coi mezzi pubblici, a piedi, in bici, ma in fin dei conti lasciatemi consolare con qualcosa che non è più un mezzo per spostarmi, ma un mezzo per stare da solo in mezzo al traffico / da solo o con i congiunti, ovviamente – una logica che col Covid ci azzecca perfettamente. Ovviamente l’auto è una forma di sopruso, di esercizio della propria libertà a scapito di quella altrui. E per accorgersene basta osservare come si muove il traffico. E come chi ha il mezzo privato più grosso si imponga a coloro che con mezzi pubblici ed utilitarie tentano di andare avanti. È l’applicazione della guerra di tutti contro tutti, quella alla fine della quale perdono tutti. Si badi che in questo ragionamento il fatto che tra poco arrivano i motori elettrici è solo un palliativo.

Le città continueranno a essere un teatro di guerra di individui chiusi in scatole contro altri individui coperti o meno da latta: i pedoni, i bambini, gli anziani sono i perdenti di sempre, non solo perché essere di carne e ossa, ma perché lo spazio della città non gli appartiene più. Un Suv occupa lo spazio di 18 persone in piedi, di dieci carrozzine per bambini e di venti carrozzine per handicappati, occupa un campo di gioco per bambini, vi stanno due giochi della settimana e sei giochi con la corda, o se volete venti bambini che giocano con i videogames. Eppure i sindaci italiani continuano a permettere che lo spazio pubblico venga occupato dai Suv, che essi vengano giustificati, che non si faccia pagare loro la devastazione e il consumo di vita urbana che impongono.

Ci sono soluzioni? Sì ce ne sono moltissime, ma la prima è la trasformazione dell’ideologia dell’automobile. Fin quando nessuno farà anti–pubblicità, fin quando non ci sarà una lotta radicale alla prepotenza del sistema del traffico come è impostato oggi, fin quando il prezzo non sarà alzato, ma di molto, per chi vuole “vincere” su tutti gli altri in città, allora saranno solo bei discorsi e piste pedonali a rischio e pericolo degli utopisti. Sta arrivando l’inverno, il Covid sta aumentando. Possibile che l’unica soluzione che ci venga offerta sia ancora quella di doverci rinchiudere nelle costose, inutili scatoline?

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: