L'Europa ha conquistato la scena. Da anni non si assisteva a un dibattito così, finalmente centrato sul senso dell’Unione e sulle preoccupazioni degli europei. È vero che ci sta entrando un po’ di tutto, dagli arrivi di profughi e migranti ai parametri economici, dall’euro all’identità culturale: eppure si parla di lei e la si osserva, per quanto con una certa miopia.
La convivenza pacifica tra popolazioni che si sono combattute per secoli è data per scontata e acquisita. Eppure è proprio questa la ragione che fa dell’Europa una comunità di destino e che dà le fondamenta a questa costruzione. Se si dimentica questo motivo fondante rimane solo un grande mercato regolato da una grande moneta. Il dibattito è tutto focalizzato su una duplice contrapposizione. La prima, tra l’Europa delle élite tecnocratiche, finanziarie e ideologiche e l’Europa della gente, la prima. La seconda, tra l’Europa multietnica, interculturale, cosmopolita e l’Europa delle identità nazionali "strette" e dei popoli sovrani. Su questi assi si giocano anche il senso di un’Europa aperta e ancora espansiva e di un’Europa chiusa per le paure delle insicurezze che la crisi ha prodotto.
A noi, invece, piacerebbe che il dibattito pubblico europeo potesse coinvolgere le opinioni pubbliche soprattutto sull’urgenza nell’adozione di politiche sociali. Vogliamo così provare a rilanciare il tema del lavoro e dei lavoratori, per ridare una solida base di concretezza nella campagna elettorale. Quali politiche servono per tradurre il Social Pillar (il pilastro europeo dei diritti sociali) e per "proteggere" il lavoro e i lavoratori dalla rivoluzione dell’Industria 4.0? Quali tutele e quali opportunità di crescita? Quale formazione professionale? Quale Europa fondata sul lavoro possiamo costruire?
Sono queste le domande alle quali vogliamo rispondere cercando anche l’alleanza sociale necessaria. Con i lavoratori del Kab – il grande sindacato cattolico tedesco – e dell’Ecwm – il Movimento europeo dei lavoratori cristiani – l’8 aprile prossimo porteremo queste istanze in un luogo simbolico del continente per noi lavoratori cristiani, la piazza della cattedrale di Colonia, dove si svolgerà un flashmob e la condivisione di un documento che inizia a costruire una posizione politica chiara per dare forza a questa grande intuizione che è stata la Ue. Sì, perché ancor prima di capire quale sarà il futuro del lavoro, noi vogliamo ribadire che un’Europa unita è una forma di tutela delle fasce sociali più disagiate.
Le politiche sociali e del lavoro di Italia e Germania sono assai diverse, eppure noi siamo convinti che oggi occorra partire da un welfare europeo capace di sostenere il cambiamento del lavoro. Il confronto tra lavoratori di diverse provenienze dovrebbe aiutarci a raccogliere delle idee e delle prassi, per esempio come dare vera attuazione all’art. 46 della nostra Costituzione, che concerne il riconoscimento del diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende. Aprire seriamente questo fronte e reclamare una regolamentazione europea sarebbe un modo per animare un dibattito di concretezza.
In fondo la storia dell’Unione ci dimostra che essa nasce proprio dalla concretezza. Per questo diamo appuntamento l’8 aprile a Colonia.
Roberto Rossini è presidente nazionale delle Acli