La sua fede e l’impegno professionale, politico e culturale Ho conosciuto Gaetano Rebecchini in occasione di uno degli incontri da lui organizzati, per oltre 10 anni, a Palazzo Colonna. Nel salone di spettacolare bellezza, sempre strapieno, si discuteva di questioni fondamentali con protagonisti di spessore, tra cui bisogna almeno ricordare l’allora cardinale Ratzinger. Gaetano apparteneva a una famiglia molto nota nella capitale: il padre è stato sindaco di Roma all’inizio del secondo Dopoguerra, negli anni della ricostruzione, il fratello è stato parlamentare, e lui stesso ha giocato un ruolo significativo sulla scena pubblica a vari livelli, professionale, culturale e politico.
Eppure la prima cosa che colpiva in lui, che aveva una figura e un tratto spontaneamente signorili, era la semplicità nel modo di porsi, la sensibilità per il bene comune che traspariva dai suoi interessi e dalla sua conversazione, oltre alla fede incrollabile nutrita di razionalità e intelligenza. Penso che la fede sia stata il perno di tutte le sue scelte, private e pubbliche. A partire dal suo matrimonio con Marilù, da quella bella famigliona fatta di figli, nipoti e pronipoti che gli ruotava intorno, e per cui è stato fino alla fine un riferimento e un esempio forte. Dalla fede nasceva la preoccupazione per la rivoluzione antropologica, di cui ha capito fino in fondo il senso, e che non ha mai ridotto a semplice questione morale o valoriale.
Aveva ben presente – e ne ha scritto con lucidità – la portata devastante dell’intervento manipolatorio sull’umano introdotto dalla postmodernità, grazie alla tecnoscienza; era profondamente turbato da una secolarizzazione che non si preoccupa più di negare Dio, ma semplicemente lo cancella dall’orizzonte esistenziale, escludendo la dimensione della trascendenza e del mistero. Anche la sua partecipazione alla politica – coltivava un’idea di “destra” limpida e libera da ingombranti eredità, e contribuì in modo decisivo alla creazione di Alleanza nazionale – nasceva in fondo dall’urgenza di arginare la deriva relativista e nichilista (penso abbia avuto peso l’amicizia con Augusto Del Noce). Infatti, si allontanò con nettezza da Fini quando il leader di An aprì sulla procreazione assistita.
Dalla politica Gaetano non ha voluto nulla, mettendo a disposizione il suo prestigio, la sua intelligenza, le sue relazioni, senza cercare ruoli o visibilità. Lui era così, aristocratico e umile, e non è un ossimoro, ma una rara combinazione. In questi giorni bui, in cui le morti per Covid-19 sono numeri snocciolati ogni pomeriggio, la scomparsa di alcune grandi figure rischia di passare quasi inosservata. Ma questo non deve accadere a Gaetano Rebecchini.