Ci sono gesti così abituali da averci fatto dimenticare quanto siano importanti. Fra questi, l’abitudine di correre con la mano sull’interruttore quando entriamo in una casa buia. In quel momento non accendiamo solo una lampadina, ci colleghiamo a un sistema che negli ultimi 150 anni ha rivoluzionato la nostra vita. È l’energia elettrica a cui l’Unctad, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di commercio e sviluppo, ha dedicato il suo ultimo rapporto riservato ai Paesi meno sviluppati, Least Developed Countries Report 2017, uscito a fine novembre.
Nel tempo della comunicazione senza fili, nella nostra parte di mondo sentiamo il bisogno di energia elettrica solo quando il telefonino e il tablet danno segni di cedimento, allora cerchiamo disperatamente una presa di corrente. Ma se vivessimo in un Paese sprovvisto di corrente elettrica, la cercheremmo per ben altri motivi: per illuminarci quando fa buio, per fare funzionare una lavatrice quando ci sono dei panni da lavare, per fare andare il frigorifero quando c’è del cibo da conservare, per azionare una stufa quando fa freddo. Oltre un miliardo di persone vive senza energia elettrica, il 54% di loro si trova nei Paesi così detti “meno sviluppati”, un elenco di 47 nazioni localizzate prevalentemente nell’Africa Subsahariana, anche se non mancano quelle appartenenti all’Asia.
L’energia elettrica condiziona tantissimi aspetti della nostra vita a cominciare da quelli sanitari. La dissenteria, seconda causa di morte infantile, uccide ogni anno mezzo milione di bambini. Una morte assurda che sopraggiunge per disidratazione e perdita di sali. E se i rimedi principali per prevenire questo flagello sono l’acqua potabile e la disponibilità di latrine, un ruolo importante lo giocano anche i frigoriferi che permettono di conservare il cibo senza rischio di proliferazione batterica. Una delle ragioni per cui i medici raccomandano alle mamme del Sud del mondo di non lasciarsi tentare dall’allattamento artificiale è il rischio di infezioni intestinali dovute anche al fatto che ai bambini viene somministrato latte avanzato tenuto fuori di frigo. Non a caso fra i 17 obiettivi di sviluppo umano che le Nazioni Unite si sono prefisse per il 2030, è compresa anche l’energia per tutti. Pulita e a buon mercato.
E se parliamo di energia pulita, l’attenzione si estende inevitabilmente all’energia per cucinare considerato che tre miliardi di persone usano materiali rischiosi e faticosi.
Nelle campagne il combustibile più utilizzato è la legna che però deve essere raccolta. Un compito che tocca principalmente alle donne. E dove la legna si è fatta scarsa si usano addirittura le foglie e allora sono i bambini a entrare in scena. Spesso sono loro i primi ad alzarsi al mattino, per assicurare i primi sacchi di foglie utili alla prima cottura della giornata. In città si usa principalmente il carbone, di più facile approvvigionamento, che però richiede soldi, merce rara nelle case dei poveri. In ogni caso rimane il problema del fumo perché il fuoco è fatto in bracieri con sistemi di scappamento rudimentali che appestano quelle casupole senza finestre. E proliferano le malattie respiratorie.
A sera, quando tutti sono rincasati, il rumore che si sente di più passando per i villaggi di campagna e per le baraccopoli di città, sono i colpi di tosse che rimbombano fra le pareti domestiche. In Kenya, dove l’84% delle famiglie cucina e si scalda con legna e carbone, 36 milioni di persone sono a rischio malattie respiratorie dovute ad aria domestica contaminata. Ogni anno 15.000 di loro non ce la fanno: muoiono per complicazioni polmonari. Energia per la casa, ma non solo. La gente chiede energia elettrica anche per lavorare meglio e con meno fatica, per garantire scuole più dignitose ai propri figli, per disporre di centri di cura più attrezzati. Perfino per illuminare le strade. Gli uomini con l’obiettivo di tenere aperta la propria attività qualche ora di più, le donne per poter andare alla latrina senza correre il rischio di essere aggredite.
Ma per garantire l’energia elettrica a tutti entro il 2030, i Paesi meno sviluppati devono aumentare il loro tasso di elettrificazione del 350%. Attraverso una strategia multipla. Considerato che la popolazione sprovvista di energia elettrica vive per l’82% nelle campagne, accanto al rafforzamento delle reti nazionali, bisognerà aiutare le famiglie a dotarsi di strumentazioni autonome come pannelli solari e batterie di accumulo. Investimenti che richiederanno una spesa valutata fra i 12 e i 40 miliardi di dollari per ogni anno che ci separano dal 2030. Uno sforzo che difficilmente i Paesi meno sviluppati potranno sostenere da soli, considerato che debbono affrontare anche gli effetti dovuti ai cambiamenti climatici.
La sfida potranno vincerla solo se i Paesi ricchi sapranno dimostrarsi solidali in nome della giustizia e della pace, perché sicurezza e stabilità non si garantiscono con i cannoni, bombe, missili e respingimenti di migranti, ma assicurando un’esistenza dignitosa a ogni abitante del globo.