Se è successo in Germania, perché non può accadere anche nel nostro Paese?
Domenica 15 maggio le fonti di energia rinnovabile hanno coperto il 90% del fabbisogno dei Lander tedeschi. Per un’ora, addirittura, la copertura è stata integrale. Ovviamente, questo è accaduto in una giornata di bassi consumi (fabbriche e uffici erano chiusi) e ha consentito che la produzione di solare, eolico e idroelettrico fosse sufficiente nel complesso a garantire elettricità, sia pur in un piccolo spazio di tempo, a tutta la nazione. La novità è che questo scenario è (quasi) a portata di mano anche per noi, a patto di superare alcune lentezze e altre (comprensibili) prudenze. «Gestire il sistema elettrico dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti è materia molto delicata, perciò si sta andando piano. Ma lo scenario è in rapida evoluzione» ha confermato Arturo Lorenzoni, ricercatore dello Iefe Bocconi. Sono i numeri di Terna, che gestisce la rete di trasmissione nazionale, a confermare tutto questo. L’Italia, sebbene limitatamente ad alcune ore solari, è arrivata a percentuali di produzione verde vicine a quelle tedesche.
Lo scorso 25 aprile, in alcune ore, abbiamo avuto una copertura di domanda elettrica, da parte delle fonti rinnovabili, superiore al 70%, così come a Pasqua del 2015 (oltre l’80%). A Ferragosto del 2014 la percentuale ha raggiunto addirittura il 90%, tra le ore 13 e le 14. Cosa ostacola, dunque, una progressione ancor più evidente del fenomeno? Da un lato è chiaro che la produzione di energia rinnovabile è strettamente legata alle condizioni atmosferiche e, quindi, non sempre se ne può beneficiare appieno; in secondo luogo, è complesso dover gestire e ancora più integrare fonti cosiddette 'intermittenti' come quelle legate alla presenza di sole, vento e acqua. Resta il fatto indiscutibile che la crescita di energia verde è stata ed è molto più veloce del previsto e, se ad essa hanno contribuito non poco incentivi pubblici e riduzione della domanda nazionale, adesso siamo arrivati a un momento cruciale. La sfida si gioca in particolare su base locale, secondo un processo di decentramento che punta a distribuire meglio l’energia immagazzinata sui diversi territori. Una prospettiva assolutamente impensabile, soltanto dieci anni fa, e resa oggi possibile dalla tecnologia digitale. Ciò che manca è una definizione migliore delle regole e una chiara volontà politica a insistere (e accelerare) se necessario sulla svolta verde, tanto più che il nostro Paese ha ormai una posizione di leadership riconosciuta nel settore. È proprio quello che chiede l’accordo di Parigi sul clima: direzione chiara, tempi di attuazione rapidi, scommessa sul cambiamento. Manca solo un pezzo di strada, ma l’Italia deve completarlo in fretta.