Un murales per Navalny nel centro di Roma - Ansa
Navalny chiama le folle in piazza, il Cremlino risponde, e persino il presidente Putin è costretto a non ignorare quello che è successo nel Paese. L’ordine centrale è sminuire il più possibile e, nel contempo, iniettare una dose di complottismo nella società russa dove le notizie sono già sufficiente filtrate dalla censura del governo. Il portavoce del presidente Vladimir Putin, Dmitrij Peskov, ha commentato le manifestazioni di sabato scorso dicendo che vi hanno partecipato «poche persone» e che in compenso «molte persone votano per Putin e hanno votato a favore della nuova Costituzione» (che permette al Presidente di stare al potere fino al 2036 ndr).
Traduzione: in piazza è scesa solo una minoranza. Che però sta dando abbastanza fastidio, visto che il dipartimento di comunicazione del Cremlino non ha esitato a chiamare in causa «ingerenze straniere» per motivare una partecipazione ai cortei che comunque in Russia non si vedeva da decenni. Il dito è puntato soprattutto contro gli Stati Uniti. Sotto la lente di ingrandimento è finito un tweet dell’ambasciatrice di Washington a Mosca, Rebecca Moss, dove sosteneva il diritto di tutti alla protesta pacifica e criticava le misure adottate dalle autorità russe per reprimere le manifestazioni indette dai sostenitori di Navalny. Il capo della delegazione diplomatica americana ieri è stato convocato dal ministro degli Esteri, Sergeij Lavrov, mentre lo stesso Peskov ha parlato di «ingerenza inappropriata e indiretta negli affari interni russi».
Le persone fermate in 125 città sono oltre 3.500, fra cui la moglie e una stretta collaboratrice dello stesso Navalny. C’è poi chi inizia a perdere il posto perché non sufficientemente fedele alla linea. È il caso del poliziotto Ruslan Agibalov, di Kursk, che ha perso il posto aver pubblicato un video sui social in cui prendeva chiaramente le parti di Navalny e dei prigionieri politici.
Oggi, a 48 ore dalle manifestazioni e a giorni dalla pubblicazione di un video (GUARDA) su una maxi proprietà di lusso sul Mar Nero, costruita a suon di corruzione e tangenti, il presidente Putin in persona è stato costretto a intervenire per correre ai ripari, dopo che l’inchiesta di Navalny è stata vista da 70 milioni di persone. «Né io né la mia famiglia abbiamo mai avuto nulla del genere, quel palazzo non è mio», ha detto. Ma ora una parte della Russia dubita della sua parola e il calendario non gioca a suo favore.
Domenica i sostenitori di Navalny torneranno in piazza. Il 2 e il 5 febbraio sono previste le udienze per i due processi dove il dissidente è imputato. Ancora occasioni per fare crescere il consenso attorno al dissidente che sfida il Cremlino, proprio quando Putin vorrebbe chiudere la partita.