Portava il suo pianoforte in strada con un carretto e cantava per la gente stremata dall’assedio delle truppe di Assad, dai jihaidisti, dai bombardamenti e dalla fame. Così Aeham Ahmad è diventato «il pianista di Yarmuk», il campo profughi alle porte di Damasco, in Siria.
La musica è stata la sua forma di resistenza pacifica al frastuono delle bombe, al dolore, alla morte quotidiana e grazie ai video che lo ritraggono suonare sui cumuli di macerie la storia del «pianista di Yarmuk», piena di vita e di speranza, è ora conosciuta in tutto il mondo.
Nel giorno del suo compleanno nel 2015 i jihadisti del gruppo dello Stato islamico sono entrati nel campo profughi di Yarmuk e hanno bruciato il suo pianoforte, in quanto non “haram”. A quel punto Aeham ha deciso che era giunta l’ora di partire e percorrere le migliaia di chilometri che separavano Damasco da Berlino a piedi, su bagnarole di fortuna, autobus devastati, solo con uno zaino in spalla e la miseria a tracolla.
In Germania Aeham Ahmad ha trovato rifugio in un vecchio motel abbandonato, dove c’era un pianoforte. Ed è lì, a un'altra latitudine ma con la stessa passione, che il pianista ha ricominciato a fare ciò che faceva a Yarmuk, nel campo profughi a sud di Damasco: suonare e cantare per i bambini sballottati dall’esilio.
Ahmad oggi vive nella cittadina tedesca di Wiesbaden, a 30 chilometri da Francoforte e la musica è diventata la sua vita: è un pianista professionista. Nell’agosto 2016 ha pubblicato il suo primo disco, Music For Hope, che vuole raccontare il dramma della guerra in Siria fondendo la musica classica con il canto arabo. Intanto è in tour in Italia: tra il 22 e il 27 gennaio, lo aspettano Mestre e Taranto, il 2 febbraio sarà a Firenze e il 4 febbraio ad Aosta.
La sua storia sembra rievocare le atmosfere e le emozioni del film Il pianista, diretto da Roman Polanski. Ma fa anche tornare in mente le note del violoncellista di Sarajevo, il bosniaco Vedran Smailović che durante l'assedio nel 1992 suonava per onorare la memoria dei 22 civili uccisi mentre facevano la fila per il pane e in tempi più recenti le melodie di Karim Wasfi, il direttore dell'Orchestra nazionale sinfonica dell'Iraq che più volte è sceso fra le macerie di Baghdad, nei luoghi appena colpiti dalle autobombe e lì le sue esecuzioni si sono trasformate in messaggi di pace, bellezza, compassione, comprensione e integrazione.
«È un bel momento per me - ha spiegato Aeham Ahamad nell'intervista a Tv2000 -, ma restano la tristezza e la preoccupazione. Per questo non mi limito a suonare nei teatri: lì guadagno dei soldi per la mia famiglia, ma non smetto di fare concerti per strada, gratis, per la gente».
La musica è stata la sua forma di resistenza pacifica al frastuono delle bombe nel campo profughi di Yarmuk. Poi la nuova vita in Germania tra concerti ufficiali ed esecuzioni gratuite per le strade.
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