E in effetti le immagini
rimandate dai social network sono agghiaccianti: case rase al suolo,
cumuli di macerie dove prima c'erano malconce baracche, alberi
sradicati, ponti crollati. Il capoluogo del dipartimento, la città
costiera di Los Cayos, terza località di Haiti, è stata martellata
per diverse ore, con venti impetuosi e piogge torrenziali; così
anche Jeremie, la località più colpita, dove l'80% delle case sono
state rase al suolo. E ancora molte comunità risultano isolate.
Il Sud del paese la zona più colpita, la testimonianza di un missionarioFratel Jeffrey Rolle, Consigliere generale dei missionari Redentoristi, che ad Haiti hanno diverse case e tre comunità nel sud (due a Les Cayes e una a Jérémie), che risulta la parte più colpita e ancora priva di comunicazioni, ha detto all’Agenzia Fides: “Fino a ieri si poteva raggiungere quella zona soltanto in elicottero. Abbiamo ricevuto informazioni da padre Kénol Chéry, Superiore regionale di Haiti, che ci ha detto che il sud è diviso dal resto del paese. Sono riusciti a parlare pochi minuti al telefono con i confratelli di Les Cayes, dove si sono registrate inondazioni, frane e molti danni. La chiesa parrocchiale di Château è completamente distrutta. Tutte le famiglie dei confratelli del sud sono state colpite. I tetti delle case sono volati via a pezzi. Grazie a Dio non abbiamo registrato morti o feriti”.
L'appello: un piano internazionale di aiuti in tempi rapidissimi
“Man mano le nostre squadre di emergenza continuano la valutazione dei danni, temiamo che le cifre possano aumentare considerevolmente. – afferma Camilla Stecca, dell’ufficio emergenze umanitarie di Oxfam Italia – La più grande urgenza al momento è fornire alla popolazione acqua potabile per prevenire la diffusione di malattie, così come cibo e altri beni essenziali".
(foto Oxfam)Nel lungo periodo temiamo una vera esplosione dei casi di colera e di malnutrizione dovuta alla perdita dei raccolti. C’è inoltre il rischio che a causa delle inondazioni si verifichino casi di malaria e dissenteria a cui i primi ad essere esposti sono le donne incinte e i bambini. In questo quadro è perciò necessario che la comunità internazionale si mobiliti prima possibile a sostegno della popolazione haitiana”.
(foto Oxfam)
Dopo il terribile terremoto che nel 2010 costò la vita a 230 mila persone, ad Haiti sono ancora 60 mila le persone costrette a vivere nei campi per sfollati. Tra loro, in molti hanno perso quel poco che avevano a causa dell’uragano degli ultimi giorni. In questo quadro Oxfam lancia perciò un appello alla comunità internazionale per un’immediata risposta umanitaria.
(foto Oxfam)La priorità in questa prima fase è che il governo haitiano e le organizzazioni internazionali e locali lavorino insieme per salvare il maggior numero possibile di vite. La perdita dei raccolti e gli allagamenti rendono infatti le comunità colpite estremamente vulnerabili, ed è quindi essenziale prevenire una crisi alimentare e sanitaria.
(foto Oxfam)
(foto Oxfam)
Due milioni e mezzo di persone evacuate in FloridaL'uragano adesso è a un passo dalla Florida. Più di due milioni e mezzo di americani sono stati esortati a lasciare le coste atlantiche, dopo l'allerta federale lanciato per tre Stati, non solo Florida, ma anche Carolina del Sud e Georgia: l'uragano-monster, che ha lasciato oltre 300 morti ad Haiti, fa paura e si sta avvicinando rapidamente alle coste americane. La Florida, dove 140mila persone sono già senza luce elettrica, potrebbe essere colpita due volte, la prima a breve e poi una seconda, per una sorta di giravolta che, secondo alcuni modelli meteorologici, potrebbe compiere l'uragano. Attualmente l'uragano si trova ad appena una decina di
chilometri dalle coste della Florida, che sono già
pesantemente interessate da pioggia violenta, mareggiate, venti
impetuosi. Secondo il servizio meteo sono previste condizioni
"estremamente pericolose nelle prossime 12, 24 ore". Il
National Weather Service non si risparmia nell'invitare la
popolazione a mettersi al riparo e parla di "impatto
potenzialmente disastroso" e zone che potrebbero rimanere "non
abitabili per settimane o mesi". L'allarme è simile a quello
inviato poco prima dell'uragano Katrina che nel 2005 lasciò il
Golfo del Messico in ginocchio.