Sembra essere di nuovo precipitata nel pomeriggio la situazione a Tunisi, dove raffiche e colpi di arma da fuoco sono tornati a risuonare a ripetizione nel centro cittadino, nei cui pressi poco prima le forze di sicurezza avevano disperso con i gas lacrimogeni l'ennesima protesta. Un manifestante sarebbe rimasto ucciso. Secondo quanto riferito da fonti giornalistiche presenti sul posto, la polizia tunisina ha isolato dal resto della capitale la principale zona commerciale, a poche centinaia di metri dalla sede della Banca Centrale e dai terminal principali di autobus e tram. Gli agenti in assetto anti-sommossa hanno impedito a chiunque di accedere all'area dei disordini, dalla quale si levavano colonne di fumo nerastro, così denso da costringere i passanti a coprirsi naso e bocca per evitare di rimanere intossicati.
BEN ALI ORDINA CALO DEI PREZZIAbbassare i prezzi dei prodotti di base che, in questi ultimi tempi, hanno subito sensibili aumenti. Lo ha ordinato il presidente tunisino Zine El Abidine Ben Ali, come ha annunciato il primo ministro Mohamed Ghannouchi oggi, nel corso del dibattito in corso alla Camera dei deputati.
VITTIME, SCONTRO SULLE CIFRESarebbe di almeno 66 il numero complessivo dei morti negli scontri in corso da metà dicembre in Tunisia tra forze di sicurezza e dimostranti: è quanto ha denunciato da Parigi il responsabile della Federazione Internazionale per i Diritti Umani, Souhayr Belhassen. Sarebbe dunque enormemente sottostimato il bilancio ufficiale fornito dal governo del presidente Zine al-Abidine Ben Ali, che non va oltre le 23 vittime. Il presidente della Federazione Internazionale, organizzazione-ombrello che raccoglie 164 gruppi umanitari di diversi Paesi, ha precisato inoltre che soltanto la notte scorsa risultano essere state uccise nei disordini non meno di otto persone, e non un unico manifestante come risultava finora. Belhassen ha accusato le autorità di non limitarsi alla repressione dei contestatori, ma di perpetrare un vero e proprio "massacro in corso".
L'ESERCITO PRESIDIA LA TV DI STATOViolenze si sono registrate ieri nel centro di Tunisi dove la polizia ha lanciato di gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti. Secondo l'emittente satellitare
al-Jazeera l'esercito presidia la sede della televisione di Stato, il Consiglio dei ministri e la strada principale della città intitolata a Habib Burghiba. Il presidente Ben Ali, riferisce ancora
al-Jazeera, ha convocato per giovedì pomeriggio il Parlamento per discutere della situazione. Intanto si susseguono su internet voci non confermate di un possibile golpe militare in Tunisia in seguito al rifiuto dell'esercito di eseguire gli ordini del presidente Ben Ali di disperdere i manifestanti. È quanto scrive il sito del quotidiano egiziano
El Wafd, il quale riferisce anche di altre voci secondo le quali la moglie del presidente tunisino sarebbe fuggita negli Emirati Arabi con le figlie per paura di un colpo di stato. Di colpo di Stato parla anche un blogger tunisino secondo il quale ci sarebbe anche un incendio nella sede del Parlamento e del ministero degli Interni a Tunisi.
MINISTRI E MILITARI RIMOSSIQuanto sta avvenendo in Tunisia in questi giorni è un testa a testa continuo e violento tra il governo e il «popolo» che manifesta chiedendo il «risveglio» della Tunisia. Il presidente tunisino, Zin el-Abidin Ben Ali, ha rimosso dall'incarico il ministro dell'Interno, Rafiq al-Hajj. Secondo quanto riferisce la tv araba
al-Jazeera, è stato nominato al suo posto Ahmad Faria. Inoltre, le autorità tunisine hanno deciso di formare una commissione d'inchiesta sulla corruzione nel Paese e hanno scarcerato le persone arrestate durante le manifestazioni dei giorni scorsi. Se questi atti del governo potevano sembrare tentativi del governo di dare segnali di distensione, quanto accade nei Palazzi e nelle strade non basta per sedare l'indignazione e la rabbia della gente. A Tunisi, la polizia ha avviato un'operazione contro la sede del sindacato generale dei lavoratori di Tunisi. Secondo quanto riferisce la tv satellitare
al-Arabiya, i poliziotti hanno circondato la sede sindacale per arrestare le persone asserragliate all'interno. Negli scontri in corso si registrano tre sindacalisti feriti. Nel frattempo l'appena eletto ministro dell'Interno, Ahmad Faria, ha ordinato l'arresto di un ex detenuto politico scarcerato nel 2002, in prima linea nella rivolta dei disoccupati tunisini. Secondo quanto riporta il sito
al-Hiwar.net, vicino all'opposizione tunisina, la polizia ha prelevato dalla sua abitazione Hama al-Hamami, noto come portavoce del Partito Comunista del Lavoro, fuori legge in Tunisia. Con lui è stato arrestato anche il suo avvocato, che si trovava in casa in quel momento. Al-Hamami era stato scarcerato nel 2002. Si era consegnato l'anno prima alle forze di polizia, dopo tre anni di latitanza seguiti a una condanna a nove anni di reclusione per la formazione di un partito fuori legge. Nei giorni scorsi aveva pubblicato sul web diversi interventi video critici nei confronti del governo e a sostegno della rivolta dei disoccupati tunisini.
DISUBBIDIENTIRimosso anche il capo di Stato maggiore dell'esercito, il generale Rashid Ammar, perché si sarebbe rifiutato di usare il pugno di ferro contro i manifestanti scesi in piazza nel corso delle ultime settimane per protestare contro la disoccupazione e il carovita. Secondo quanto riporta il sito informativo tunisino
al-Hiwar.net, fonti bene informate sostengono che il generale, nominato proprio da Ben Ali alla guida dell'esercito, sarebbe stato silurato perché si sarebbe rifiutato di eseguire un ordine in occasione di una manifestazione che si è tenuta nei giorni scorsi a Cartagine, città dove risiede il presidente. «Ben Ali gli ha ordinato di aprire il fuoco sui manifestanti o di rinunciare all'incarico di capo di Stato maggiore e il generale ha scelto la seconda opzione», rivela la fonte. Sempre secondo il sito, le cui notizie non trovano conferme ufficiali, l'ufficiale si sarebbe più volte rifiutato di ordinare ai suoi uomini di usare la forza contro i manifestanti e questo avrebbe spinto il presidente tunisino a rimuoverlo dal suo incarico e a scegliere al suo posto il generale Ahmad Shabir, attuale capo dei servizi segreti militari. Il sito parla anche di casi di ammutinamento da parte di reparti della polizia che sarebbero stati costretti a caricare la folla su pressioni dell'esercito.
IL SINDACATO COMMENTA LE PROMESSE DI BEN ALI«Non crediamo alle promesse del presidente tunisino Zin el-Abidin Bel Ali e per questo andremo avanti con la protesta». È con queste parole che il sindacalista Masoud Ramadani, dell'Unione generale del Lavoro di Kairouan, commenta alla tv araba
al-Jazeera la decisione del capo di Stato tunisino di rimuovere il ministro dell'Interno, dare vita a una commissione che indaghi sulla corruzione nel governo e scarcerare le persone arrestate nelle scorse settimane.«Come possono promettere di rilasciare i detenuti se gli arresti continuano? - si è chiesto Ramadani -. Queste promesse non ci bastano. Le pallottole non cambieranno la voglia del popolo di riforme. Ieri notte i giovani di Tunisi hanno continuato a girare per la città, non rispettando il coprifuoco, perché crediamo che quel provvedimento non sia stato preso nell'interesse del Paese. Chiediamo riforme sociali e economiche».Della stessa opinione si dice anche Bushra Bin Hamida, ex presidente dell'Associazione delle donne tunisine democratiche, che alla tv satellitare
al-Arabiya ha affermato di «non credere agli impegni assunti dal governo». «Hanno creato una commissione per indagare sulla corruzione, ma non sappiamo ancora chi ne farà parte - ha detto - e se davvero indagherà su quanto fatto dai membri dell'esecutivo».