«Non sono un isolazionista, neanche per sogno. È un altro esempio di notizie fasulle». Compaiono anche le famigerate “fake news” nella conferenza stampa alla Casa Bianca fra Angela Merkel e Donald Trump, indignato che una giornalista tedesca chieda a Merkel una reazione «all’isolazionismo americano». «Non so che giornali legge, lei», l’ha apostrofata il presidente Usa, che poche settimane fa ha minacciato di imporre dazi del 35% sulle importazioni tedesche. Ieri il tycoon si è presentato come un difensore di un commercio internazionale «equo», perché il «libero commercio ha fatto molti danni e provocato enorme disoccupazione». Il capo di governo tedesco ne ha approfittato per auspicarsi una riapertura dei negoziati sul Ttip, l’accordo di libero scambio fra Usa e Europa che la Casa Bianca ha detto di voler abbandonare. Trump è apparso intento a evidenziare l’immagine che spera Merkel porti con sé in Europa: quella di un’America «forte, più forte che mai, con un apparato militare più forte di quanto non lo sia mai stato». Un’America che stringe «buoni patti commerciali» e difende i suoi confini, perché «l’immigrazione è un privilegio, non un diritto, e la sicurezza dei nostri cittadini viene prima di tutto».
Una nazione così definita, a detta del repubblicano, è «nell’interesse di tutto il mondo», a patto che i suoi alleati facciano la loro parte, aumentando le loro spese per la propria difesa nazionale, punto che Trump ha ribadito più volte. Merkel si è mostrata conciliatoria, buttandosi alle spalle le critiche che i due leader si sono scambiati a distanza con una battuta: «È molto meglio parlare uno all’altro che uno dell’altro», ha detto, anche se è apparsa confusa quando, nello Studio ovale, il padrone di casa ha ignorato la sua richiesta di stringerle la mano per i fotografi. Più tardi Merkel ha sottolineato i legami storici fra i due Paesi e il debito di riconoscenza della Germania nei confronti degli Stati Uniti, che con il piano Marshall e la forte opposizione al comunismo hanno permesso al suo Paese di ergersi a prima potenza economica del vecchio continente. La cancelliera si è anche impegnata a portare la spesa militare tedesca al 2% del prodotto interno lordo entro il 2024, ma ha ricordato a Trump che la sicurezza si ottiene anche sostenendo lo sviluppo internazionale e aiutando i Paesi più deboli a raggiungere il benessere. «I nostri due Paesi devono continuare a lavorare insieme per proteggere i confini e tutelare i nostri popoli dal terrorismo islamico», ha ribadito Merkel (che Trump aveva accusato di aver compiuto un errore catastrofico aprendo le porte del suo Paese ai profughi). Poi ha aggiunto di credere nel dovere di «proteggere i rifugiati che fuggono dalle guerre e dalla povertà».
La cancelliera ha infine sottolineato, in risposta ai frequenti attacchi del magnate alla Ue, che il successo della Germania e l’integrazione europea sono due face della stessa medaglia. Alla fine della conferenza stampa parte della tensione iniziale (con una stretta di mano "mancata" perché Merkel tende la mano a Trump e poi la ritira) sembrava sciolta, e Trump ha cercato di cementare la complicità con un commento finale: «Almeno abbiamo qualcosa in comune, forse – ha detto – entrambi siamo stati spiati da Barack Obama». Merkel però non ha sorriso al parallelo tra la vicenda delle intercettazioni della Nsa ai danni dei suoi telefoni e il presunto spionaggio della Trump Tower da parte dell’ex presidente, che una commissione d’inchiesta del Senato Usa ha liquidato come inesistente. La Casa Bianca non ha però abbandonato le accuse e ha sfiorato l’incidente diplomatico con la Gran Bretagna dopo che il portavoce del presidente, Sean Spicer, ha agitato lo spettro dei servizi segreti britannici dietro le presunte intercettazioni dei democratici. Spicer si è giustificato dicendo di aver citato un esperto intervistato dalla Fox news, come ha confermato ieri anche il suo capo: «Chiedete a Fox, non a me», ha concluso Trump a chi gli chiedeva invece delle sue accuse ad Obama. Che ha ripetuto.