«Nel nostro ospedale, le suore lavorano 24 ore su 24 per fermare l’emergenza, ma la situazione è davvero molto difficile». Suor Maria Ermellina Bovetti è originaria di Cuneo e all’inizio di dicembre compirà 86 anni. È entrata nella Congregazione delle Carmelitane di santa Teresa quando aveva 17 anni e dal 1959 è missionaria in Madagascar. Dopo ventisette anni di attività scolastica, ha poi trascorso cinque anni nelle carceri minorili: «Un’esperienza fortissima che ha nuovamente trasformato la mia esistenza. Da allora la vita è diventata più semplice e più bella, in ogni momento».
In seguito ha istituito un’associazione familiare di sostegno e aiuto, coinvolgendo 74 villaggi in dodici diverse diocesi e, grazie a questa esperienza, conosce benissimo tutto il territorio. «La peste in Madagascar è endemica e puntualmente in questa stagione si verifica sempre qualche caso nei dintorni dell’altopiano vicino alla capitale Antananarivo. Quest’anno, però, la situazione è molto diversa e ben più grave. C’è stata una diffusione massiccia che è arrivata fino all’est, a Toamasina, e al sud, a Fianarantsoa. È una forma diversa di peste, ancora più contagiosa ma al tempo stesso subdola: non è bubbonica, come quella descritta dal Manzoni, ma polmonare e quindi sulla pelle non emergono segni facilmente identificabili.
All’inizio si presenta con segnali piuttosto banali: tosse, febbre qualche difficoltà respiratoria. Se ne comprende l’effettiva gravità quando iniziano le emorragie, ma a quel punto è ormai troppo tardi per essere curata ». Il decorso è rapidissimo e nefasto. Anche se esistono e sono disponibili le cure, chi ne viene colpito ha molte difficoltà a capirlo in tempo, sia nelle aree rurali sia in quelle cittadine. Ad aumentare il rischio del contagio, oltre alla grande mobilità della popolazione, è la mancanza di igiene nelle zone più povere, dove l’indigenza costringe gli abitanti ad arrangiarsi con quello che si ha a disposizione.
Le suore lavorano soprattutto in quelle situazioni, attraverso i dispensari dislocati sul territorio, dove curano gratuitamente ogni giorno decine di uomini, donne e bambini. Quando i malati arrivano con una febbre sospetta, vengono indirizzati (o più spesso trasportati direttamente dalle suore) all’ospedale più vicino. «Bisogna poi prendere in considerazione un aspetto culturale essenziale. Spesso hanno paura a dichiararsi ammalati perché provano un senso di vergogna e soprattutto perché temono di essere seppelliti in fosse comuni e non nelle tombe di famiglia. È una delle cose peggiori che possa capitare in assoluto, secondo le tradizioni locali».
In questi giorni, suor Maria Ermellina si trova a Torino. Ritornare in Madagascar, per ora, è piuttosto difficile, ma lei non demorde: «È un Paese meraviglioso, ma il divario tra ricchi e poveri è enorme. È un letto d’oro dove mancano le lenzuola, perché ci sarebbero le risorse per garantire benessere a tutti, se venissero impiegate nel modo corretto. I ricchi e i potenti hanno ogni privilegio, mentre i poveri al primo errore finiscono in galera. C’è ancora molto da fare. Non vedo l’ora di poter tornare, magari già a metà di novembre».