Yusra Mardini - © UNHCR/Susan Hopper
Ha incontrato papa Francesco e il presidente Obama, ha parlato davanti all’Assemblea generale dell’Onu (2016) e al World Economic Forum di Davos (2017), ha scritto un libro e la sua fuga con la sorella maggiore Sara dalla Siria in guerra, nel 2015, ha ispirato il film “Le nuotatrici”. Yusra Mardini oggi ha 27 anni, è ambasciatrice di Buona Volontà dell’Agenzia dell’Onu per i rifugiati (Acnur) e vive a Berlino. Portabandiera della squadra olimpica dei rifugiati nel 2021 a Tokyo, la sua forza di volontà è ormai leggendaria: nuotando, lei e Sara hanno trainato fino alla costa il gommone sovraffollato e in balìa delle onde che trasportava lei ed altri siriani verso l’isola di Lesbo. Dopo un viaggio disperato per mare e per la rotta Balcanica, ha trovato rifugio in Germania, dove oggi vive con la famiglia. Da due anni ha la cittadinanza tedesca.
Yusra, lei è fuggita dalla Siria nel 2015, quindi presto saranno 10 anni. Sei rimasta in contatto con il resto della famiglia (i genitori e la sorella più piccola l'hanno raggiunta dopo diversi anni) e gli amici in questi anni?
Sì, sono sempre rimasta in contatto con loro. È sempre stata una priorità per me. Nonostante le difficoltà di vivere lontano da loro, le videochiamate, i messaggi e i social media mi hanno permesso di condividere con loro momenti di gioia e di sostegno anche a distanza. Questi legami sono stati una fonte di forza, ricordandomi da dove vengo e i valori che mi guidano. Tuttavia, ci sono momenti in cui mi mancano profondamente i legami di persona e il calore di casa, ma porto quei ricordi nel mio cuore ogni giorno.
Lei ha sempre ricordato il suo amore per la Siria. Ora Assad è caduto, la guerra è finita, pensa di tornare?
La Siria occupa un posto speciale nel mio cuore: è il luogo in cui affondano le mie radici e che mi ha plasmato in tanti modi. Sì, sogno di tornare un giorno in una Siria pacifica, ma è difficile prevedere quando sarà possibile. Ma i recenti sviluppi mi fanno sperare. Mia sorella Sara, la mia famiglia e io condividiamo questa speranza.
I nuovi governanti hanno promesso protezione per le minoranze, libertà per le donne. L'Occidente mostra di volersi fidare di loro. E lei, si fida?
Le promesse di protezione delle minoranze e di libertà per le donne e per tutti i siriani sono, ovviamente, valori essenziali che dovrebbero essere sostenuti da qualsiasi governo. Tuttavia, è importante guardare oltre le parole e concentrarsi sui fatti. La fiducia è necessaria per il dialogo, ma deve essere accompagnata da responsabilità e trasparenza. Come persona che apprezza profondamente i diritti umani e l'uguaglianza, spero in miglioramenti autentici, ma confido anche nella responsabilità della leadership per garantire che queste promesse si traducano in cambiamenti reali e duraturi.
C'è sollievo per la fine del lungo regime di Assad, ma anche molta preoccupazione. Quale sentimento prevale in lei?
Ci sono sentimenti contrastanti. È la prima volta in vita mia che posso dire apertamente la mia opinione. È ancora difficile da immaginare. La fine di un lungo regime può portare un mix di emozioni. Se da un lato c'è sollievo nel vedere un'opportunità di cambiamento, dall'altro c'è anche una profonda consapevolezza delle sfide che ci attendono. Per me, speranza e preoccupazione coesistono. Spero in un futuro in cui il popolo siriano possa vivere con dignità, libertà e sicurezza. Allo stesso tempo, rimango cauta, sapendo che il vero progresso richiede unità, giustizia e responsabilità. Il mio cuore è sempre con coloro che continuano a sopportare le difficoltà e prego per un futuro più luminoso per tutti i siriani.
Nei post che ha pubblicato sui social media lei parla di speranza, determinazione e coraggio del popolo siriano. Dopo 14 anni di bombe, guerra e tirannia, è davvero così?
La speranza e la determinazione sono sentimenti che hanno fatto andare avanti tanti siriani attraverso sfide inimmaginabili. Nonostante 14 anni di guerra, sfollamento e difficoltà, sono stata testimone di un'incredibile capacità di recupero di moltissimi siriani, sia all'interno del Paese che all'estero. Certo, la speranza può talvolta vacillare di fronte a una sofferenza così prolungata, ma non si spegne mai del tutto. Sono questo coraggio e questa perseveranza che mi ispirano a parlare e a sostenere il cambiamento.
Milioni di siriani hanno dovuto lasciare il Paese a causa delle persecuzioni del regime di Assad. Crede che ci sarà un ritorno di massa? Saranno in grado di contribuire al progresso del Paese?
Ci sono 6,2 milioni di rifugiati siriani nel mondo e più di 7 milioni di sfollati in Siria. Rappresentano un incredibile bacino di talenti, capacità di recupero e potenzialità. Molti siriani che hanno chiesto asilo in Europa e altrove avevano già prima di lasciare la Siria o hanno acquisito competenze ed esperienze preziose che potrebbero contribuire in modo significativo alla ricostruzione e al progresso della Siria. Tuttavia, per tornare è necessario soddisfare alcune condizioni: sicurezza, stabilità e fiducia. Le persone devono sentirsi sicure e vedere un percorso chiaro per il loro futuro in Siria. Se queste condizioni si realizzassero, credo che molti tornerebbero con un forte desiderio di aiutare a ricostruire la loro patria. Il loro contributo potrebbe essere trasformativo, portando nuove prospettive e un rinnovato senso di speranza per il futuro della Siria. Allo stesso tempo, dobbiamo riconoscere che molti siriani si sono costruiti una nuova vita nei Paesi che li ospitano. Si sono integrati nelle loro comunità, hanno creato famiglie e trovato un senso di appartenenza, il che rende le loro decisioni future ancora più complesse e profondamente personali. Direi che questo vale anche per me. Io e la mia famiglia abbiamo trovato una nuova casa in Germania e ci siamo fatti degli amici. Ormai vivo in Germania da più di un terzo della mia vita.
Molti Paesi europei hanno già dichiarato chiuso il processo di asilo per i siriani. pensa che sia una mossa opportuna o un po' prematura?
Penso che la decisione di sospendere il trattamento delle domande di asilo sia prematura e che le dichiarazioni di alcuni politici siano purtroppo anche molto ingiuste e indegne di persone che hanno già vissuto tante sofferenze. Non sappiamo ancora come si evolverà la situazione nel suo complesso. Inoltre, da un punto di vista legale, una domanda di asilo deve sempre essere considerata su base individuale. Ci sono molte ragioni per cui le persone devono lasciare il proprio Paese, e questo vale anche per ogni siriano.
Che cosa significa per lei la Germania?
La Germania è stata per me un luogo di rifugio, opportunità e crescita. Ha dato a me e alla mia famiglia sicurezza quando ne avevamo più bisogno, ed è diventata una piattaforma dove ho potuto perseguire i miei sogni e condividere la mia storia con il mondo. La Germania rappresenta la speranza, la resilienza e l'importanza di restare uniti in tempi di crisi. Ho trovato una nuova casa, nuovi amici e ho imparato nuove cose. Sarò sempre grata per la gentilezza e il sostegno che ho ricevuto qui.