domenica 4 gennaio 2009
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Vivere in pochi metri qua­drati, senza acqua corren­te né servizi sanitari. E con la paura incessante di finire privi di un tetto o di subire rapine e vio­lenze. Succede anche in Europa, dove almeno 30 milioni di perso­ne (secondo i dati Onu) vivono in insediamenti che si possono defi­nire a tutti gli effetti slum, barac­copoli (vedi box in alto). Gli slum del Vecchio Continente non na­scono solo in città periferiche del-­l’Est, ma crescono soprattutto in­torno a metropoli quali Barcellona, Parigi, Lisbona, Marsiglia, Istan­bul, Mosca. E, in Italia, a Roma e Napoli. Le ragioni per cui oggi un miliar­do di persone vive in periferie fat­te di abitazioni provvisorie e fati­scenti ( in particolare in Asia e in Africa) risultano molteplici. Sono i Paesi in via di sviluppo che han­no visto accentuarsi il fenomeno, a causa della migrazione dalle campagne alle città degli ultimi 50 anni e degli effetti del processo di globalizzazione. A queste ragioni, va aggiunto l’incremento demo­grafico. L’umanità raggiunse per la prima volta il miliardo di individui nel 1804: attualmente, le proiezio­ni delle Nazioni Unite stimano che nel 2054 si toccheranno i nove mi­liardi di persone. E una su tre vivrà in una baraccopoli. L’esperto Mike Davis, nel suo libro Il pianeta degli slums, afferma che il 95% di questo inurbamento av­verrà nelle nazioni in via di svi­luppo. Secondo Anna Tibaijuka, segretario generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite Unhabitat, «in quegli Stati lo spostamento verso le città riguarda cinque milioni di persone al mese » . Tanto che il se­gretario generale dell’Onu, Ban Ki­moon, ha affermato: «Dato che og­gi oltre la metà della popolazione mondiale vive nelle aree metro­politane, questo sarà ricordato co- me il ' secolo urbano' » . Ed è in­dubbio che l’Europa sta diventan­do la meta privilegiata di migra­zioni epocali. Nelle nazioni del Vecchio Conti­nente il fenomeno delle baracco­poli assume contorni peculiari. A Barcellona, gli slum sorsero nel 1929 a motivo dell’afflusso di im­migrati dopo l’Esposizione mon­diale, per poi esplodere nel 1970, con la creazione del secondo a­nello industriale, che richiamò il lavoro di molti contadini e operai. Ma né la dittatura, né i primi go­verni democratici affrontano il problema, e la situazione attuale ne porta ancora le conseguenze. Tutt’altro rispetto a quanto è suc­cesso a Mosca, dove la popolazio­ne è triplicata negli ultimi set­tant’anni (oggi gli abitanti della ca­pitale russa sono oltre dieci milio­ni) ma la disponibilità di abitazio­ni non ha seguito lo stesso ritmo di crescita. Oggi, gli slum moscoviti sono costituiti dai sovietici ' ap­partamenti comuni' ( pensati co­me monofamiliari, ospitano due­tre nuclei ciascuno) e da case ca­denti che risalgono al secondo do­poguerra. Parigi, invece, mostra le implica­zioni sociali del problema abitati­vo. Oltre ad ospitare circa 200mila senzatetto, con la rivolta delle ban­lieue del 2005 la Ville Lumière ha dimostrato come non bastino quartieri isolati per risolvere il pro­blema degli slum, pena la creazio­ne di pericolosi ghetti. La lezione francese sembra sia stata appresa dal Portogallo, dove si stanno co­struendo conglomerati urbani in­tegrati agli altri quartieri cittadini per sostituire le baraccopoli intor­no a Porto e Lisbona ( vedi l’arti­colo a fianco). In Italia, il problema degli slum è assai più ridotto, ma potrebbe peg­giorare. A Roma vivono 15mila persone tra campi regolari ( 22 quelli censiti) e abusivi. Sono so­prattutto cittadini romeni, molda­vi, bosniaci, polacchi, egiziani che, a ridosso del Tevere, hanno co­struito 54 piccole ' favelas' e mi­ni- insediamenti sulla via Cassia e a Focene. Il recente tragico rogo nella pineta di Ostia, in cui sono morti madre e figlioletto romeni, ha portato all’attenzione le condi­zioni di degrado in cui vivono mol­ti immigrati. A Napoli, la situazio­ne è strutturalmente più grave. Ne­gli ultimi quarant’anni la crescita della disoccupazione, l’instabilità politica, l’assenza di servizi socia­li e la penetrazione criminale han­no creato i quartieri "a rischio" della provincia, a Chiaiano, San Pietro, Scampia, Ponticelli. Luoghi ormai noti per lo scandalo dei ri­fiuti e per i racconti di Gomorra.
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