Siberia sotto attacco ecologico. Ventimila tonnellate di gasolio nel fiume Norliskaja ora avanzano vero il mare artico - Ansa / Epa
La Russia è in ginocchio per l’epidemia da Codiv-19, che ha provocato oltre 5.500 decessi e quasi mezzo milione di contagiati. Come se non bastasse, la Siberia, una terra un tempo di una bellezza sterminata e selvaggia, si sta trasformando in una bomba ecologica, sulla quale pesa in gran parte l’inquinamento dei fiumi, ma a cui va aggiunta anche la devastazione dell’ecosistema a suon di incendi e incidenti nucleari di cui ancora non si coglie completamente la portata.
Ieri Mosca ha annunciato di essere riuscita a contenere la massiccia fuoriuscita di gasolio, sul fiume Norilskaja, nel nord del distretto amministrativo di Krasnojarsk e vicino alla cittadina di Norilsk, da cui prende il nome. L’emergenza ambientale, però, rimane. Ventimila tonnellate di gasolio, con uno spessore record di 20 centimetri, che hanno contaminato 20 chilometri di fiumi e che adesso si stanno dirigendo verso l’Artico.
Un disastro senza precedenti nel Paese, per il quale la Procura locale ha aperto un’indagine. La prima falla nell’impianto petrolchimico che ha dato luogo alla fuoriuscita è stata registrata lo scorso 29 maggio. Secondo le ricostruzioni, sarebbe stata determinata dal danneggiamento di uno dei serbatoi della centrale termoelettrica indirettamente amministrata dalle autorità locali. Nonostante le barriere poste lungo il corso del fiume, la maggior parte delle sostanze inquinanti è in viaggio verso il mare.
Secondo Greenpeace Russia è la cronaca di un disastro annunciato, che potrebbe costare fino a 78 milioni di euro, frutto dell’incuria, della corruzione e della mancanza di controlli su società potenzialmente devastanti per l’ecosistema. Una cifra ingente che, con buona probabilità, non verrà pagata dai diretti responsabili. Secondo sempre Greenpeace, nel Paese c’è una lunga tradizione di imprese che non hanno fatto fronte alla loro responsabilità finanziarie davanti a disastri ambientali.
Le immagini di Norilsk, però, con l’acqua rossastra in mezzo a foreste verdi sconfinate, hanno fatto il giro della Russia, che dovrà fare i conti non solo con la contaminazione dell’acqua, ma anche quella del suolo. Sembra non esserci pace per la Siberia e l’Artico, che si estendono per decine di migliaia di chilometri a est della catena degli Urali e nella regione dei ghiacci eterni. Nel silenzio delle autorità, prima e dopo la caduta del Comunismo, sono diventate fra le aree più inquinate della terra, complice anche la vastità dei territori, che non sempre permette un controllo puntuale delle superfici. Sta di fatto che, negli ultimi mesi, l’Artico, è stato interessato da una serie di fenomeni inquietanti.
L’agosto scorso, nella regione di Arkhangelsk, sul Mar Bianco, ha avuto luogo una esplosione nucleare della quale ufficialmente si sa ancora troppo poco, ma che, secondo addetti ai lavori sarebbe una delle peggiori nel Paese negli ultimi anni. La versione ufficiale parla del test di un razzo finito male, ma Rosatom, l’ente russo responsabile delle attività nucleari, ha confermato la presenza di materiale radioattivo. La comunità internazionale, attende ancora di sapere quali siano le conseguenze sulla regione e il territorio nazionale, che per giorni sarebbe stato interessato da una nube radioattiva che ha sorvolato gran parte della Siberia per giorni.
Fra tanti dubbi, ci sono due drammatiche certezze. La prima è che a causa del caldo record delle ultime settimane sui fiumi Ob e Ienissei i ghiacci hanno iniziato a rompersi prima del solito. La colpa è di una primavera particolarmente mite per quelle terre, che ha fatto registrare il maggio più caldo dal 1981, con un incremento di 0,63 gradi.
La situazione potrebbe peggiorare ora che il presidente Putin sembra più determinato che mai ad aprire una nuova rotta commerciale che trasporterà merci da e per la Cina passando proprio attraverso l’Artico. I ghiacci eterni sembrano irrimediabilmente compromessi non sono da questo progetto ma anche dai 13 rompighiaccio a propulsione nucleare che dovrebbero materialmente dare vita alla rotta.
Ci sono poi da aggiungere le decine di migliaia di ettari di foresta bruciate durante gli incendi dell’estate scorsa che hanno devastato la Siberia e che secondo gli addetti ai lavori hanno raggiunto una estensione pari alla Grecia.