mercoledì 29 maggio 2024
Mosca fa "terra bruciata" a nord di Kharkiv: "bombe aliante", droni, artiglieria pesante, missili e cecchini colpiscono giorno e notte. «In prima linea combattenti inglesi e anche italiani».
L'auto di un volontario dell'esercito ucraino colpita da una granata nei pressi di Stariy Saltiv

L'auto di un volontario dell'esercito ucraino colpita da una granata nei pressi di Stariy Saltiv - Nello Scavo

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La “linea rossa” passa da Stariy Saltiv, il confine d’acqua dolce che i russi vorrebbero conquistare. Da questa parte c’è la regione di Kharkiv, oltre il fiume le basse colline sopra la frontiera. I battaglioni di Kiev combattono per non perdere terreno e guadagnare tempo: aspettano il via libera a puntare il mirino delle armi Nato direttamente in Russia.
Attraverso i boschi gli incursori di Kiev per mesi hanno compiuto azioni nel distretto russo di Belgorod, da dove partivano gli attacchi a Nord contro l’Ucraina. La strada ai “guastatori” di Kiev veniva aperta dai volontari della “Legione libertà”, i partigiani russi anti-Putin.
Il ponte stradale tra le due sponde fungeva anche da diga. E’ stato distrutto dai bombardamenti del 2022, ma ora è sostituito da un lungo collegamento galleggiante che i mezzi militari attraversano a tutto gas per non restare esposti al tiro russo. Dalla parte opposta c’è il territorio di Zarichne. Lo raggiungiamo osservando il crescente dispiegamento di forze, mentre le ruspe costruiscono fortificazioni e lo scambio di colpi è incessante.

Le colonne di fumo a Zarichne, sulla frontiera Nord con la Russia

Le colonne di fumo a Zarichne, sulla frontiera Nord con la Russia - Nello Scavo

Edifici distrutti nella zona di confine

Edifici distrutti nella zona di confine - Nello Scavo


Attraversiamo in fretta i piccoli abitati nei pressi di Stariy Saltiv, sulla riva occidentale del Severskij Donek, inseguendo le colonne di fumo nero che segnalano i combattimenti più ravvicinati. Non troviamo neanche le solite mute randagi. «Sono scappati tutti la settimana scorsa», dice Oxana che si ostina a tenere aperto l’unico negozio dove i soldati prendono carne secca e bevono un goccio. Le case dei contadini sono ordinatamente disposte lungo l’unica via d’asfalto che taglia in due la pianura di campi di cereali che quest’anno nessuno raccoglierà. Si presentano scoperchiate e annerite, come travolte da un tifone rovente. Le poche intatte sono disabitate, e presto faranno la fine delle altre. Il ragazzo del barbecue a buon mercato per i soldati, abbassa il volume della playlist roccheggiante. Le orecchie sempre ben aperte. Contiamo i colpi dell’artiglieria minuto dopo minuto. Sempre più insistenti, sempre più vicini. «Se abbiamo stabilizzato la zona? Si e no», riferisce l’artigliere che non ha voglia di mentire. Salta sul furgone verde che si dirige di là del fiume. Molti vanno, non tutti torneranno. E allora meglio dire le cose come stanno. Archer a Mike, l’uno basso, massiccio, tatuaggi da duro e sguardo che si scioglie alla vista di una birra; l’altro alto, spalle da rugbista e modi educati da ufficiale in libera uscita, dicono che la verità è nel fracasso che sentiamo: «Un colpo sparato dagli ucraini ogni cinque esplosi dai cannoni russi, la differenza è anche questa». Sono inglesi, non vestono da soldati, ma sono stati addestrati dai corpi speciali di Sua Maestà. «Ex, dovete scrivere, non siamo più dell’esercito britannico», insistono preoccupandosi di «evitare fraintendimenti». Sono pronti a ogni evenienza, «i russi ci tengono impegnati qui ma da un momento all’altro potrebbero tentare un nuovo assalto ai distretti del Sud, come Kherson». Quanto vorrebbero i caccia F-16 a coprirgli le spalle. «La guerra non si può fare con un braccio legato quando il tuo avversario ha le mani libere», riassume Archer. Mike traduce come se dovesse spiegarlo alla Camera dei Lord: «Le armi qui non bastano, ma non è solo questo il punto. Stiamo spendendo denaro e sacrificando vite per intercettare missili e droni russi, quando invece bisognerebbe impedire loro di lanciarli, colpendo le loro basi e i sistemi d’arma che stanno facendo tornare questo confine indietro di due anni». All’improvviso Mike si arrotola il pantaloncino nascondendo il nome di una squadra di rugby che lo renderebbe identificabile. Non pensavano di trovare giornalisti fin sul fiume che traghetta nell’inferno della frontiera. «Ci sono anche diversi italiani vicino alle prime linee - assicura Venceslav, che nel furgone verde senza targa tiene un fucile da cecchino coperto di finto fogliame con cui mimetizzarsi nelle radure -. Con tutte le armi straniere che arrivano ci vuole qualcuno che sappia usarle e ci insegni a farlo».

L'esplosione di una 'bomba aliante' nell'area degli scontri lungo il fiume Severskij Donek

L'esplosione di una "bomba aliante" nell'area degli scontri lungo il fiume Severskij Donek - Nello Scavo

La chiesa ortodossa di Stariy Saltiv devastata dai bombardementi russi

La chiesa ortodossa di Stariy Saltiv devastata dai bombardementi russi - Nello Scavo


Dell’abside d’oro che svettava sul lungofiume rimane solo lo scheletro che va in malora. Quando il sole è alto, il paesaggio è un abbaglio di caldo umido, e puzza di nafta che brucia. Sono i miasmi di guerra, il carburante dei droni che scoppiano al suolo, misto all’esplosivo che uccide uomini e avvelena la terra.
È improbabile che l’esercito russo voglia spingersi fino a Kharkiv. «Da quello che sappiamo - spiega un volontario delle forze armate che molte volte abbiamo incontrato sui diversi fronti a partire dal 2022 - loro intendono entrare in profondità per circa quindici chilometri e creare un corridoio lungo tutto il confine nord». E quando dice «da quello che sappiamo», intende che le informazioni arrivano dagli interrogatori dei prigionieri: «I soldati gettati in prima linea sanno poco, ma quando catturiamo un ufficiale non ci vuole molto a farlo parlare».
Due anni di guerra hanno prosciugato munizioni e ridotto le mani da grilletto, mentre la fallita controffensiva dell’anno scorso non ha giovato al morale. La “zona cuscinetto” non è l’unica tattica delle forze russe. La strategia è quella di rendere inabitabile l’intera fascia di piccoli villaggi sul territorio ucraino. Fare in modo che nessuno ci torni a vivere.

I segni lasciati dai colpi di mortaio in un bar lulgo il fiume Severskij

I segni lasciati dai colpi di mortaio in un bar lulgo il fiume Severskij - Nello Scavo

Un negozio colpito dalle schegge di una granata

Un negozio colpito dalle schegge di una granata - Nello Scavo


E’ quasi il tramonto quando una “glide bomb”, gli ordigni che planano a bassa velocità e alto impatto, coglie di sorpresa anche i militari ucraini asserragliati in un edificio arancione convertito a comando avanzato. I russi lo hanno individuato dopo una giornata di scandaglio con i droni spia. Tre “bombe aliante” fanno esplodere il perimetro senza colpire la struttura, da cui i soldati hanno fatto in tempo a scappare prima di venire travolti dalle schegge degli infissi strappati dalla deflagrazione. Poco prima un drone shaed è precipitato al suolo sbarrando la strada e suggerendo di non procedere oltre. «Tanto - esclama Oxana sul davanzale del negozio rattoppato dai fori di proiettile - non ci vive più nessuno».
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