Profughi afghani lungo il confine con l'Afghanistan - Reuters
Ha deciso di mettersi in viaggio da solo, affidandosi a trafficanti di uomini, come sono stati costretti a fare moltissimi suoi connazionali, soprattutto da agosto. Via dal Paese, lontano dai taleban, via da Herat, la sua città: Ali, 23 anni, studente universitario alla facoltà di Pubblica Amministrazione, a settembre è entrato illegalmente in Iran. Nella sua testa, l’idea di raggiungere la Turchia. Una somma di ventimila afghani, la valuta del suo Paese, circa 190 euro da pagare all’arrivo, è stato il prezzo fino a Teheran. «Più 1.500 Afn, cioè 14 euro, per corrompere le guardie frontaliere iraniane» ci racconta al telefono. «Alla partenza eravamo in dieci, poi siamo diventati 30. Un primo trafficante ci ha guidato al confine. Lo abbiamo dovuto attraversare da soli, da Nimruz fino a Zabol. Abbiamo camminato 13 ore prima di incontrare il secondo “smuggler», dall’altra parte».
I patti erano che avrebbero proseguito in bus, con cibo, acqua e il necessario. Tutte bugie, una truffa. «Ci hanno solo accompagnato e mostrato la strada». Sia sul confine che a Teheran, Ali riferisce di avere visto «afghani a migliaia, anche donne, bambini e anziani».
Quante davvero siano le persone fuggite in Iran da agosto nessuno sembra saperlo. Venerdì, agitando lo spettro di una nuova ondata migratoria, il ministro dell’Interno turco Suleyman Soylu ha parlato di «due milioni pronti a muoversi» dall’Iran, una «grave minaccia» visto che ne arriverebbero «2.000 al giorno». Pur ammettendo la difficoltà di definire la reale portata del fenomeno, martedì, l’Acnur, l’agenzia Onu per i rifugiati, ha riferito di una stima rivelata «ufficiosamente» da diversi funzionari governativi iraniani: i nuovi arrivi sarebbero stati finora tra i 100mila e i 300mila. Intanto, però, puntualizza l’agenzia, «il governo iraniano continua a rimpatriare gli afghani arrestati mentre tentano di entrare». Accade alla luce del sole: al proposito, il 12 ottobre, il ministro dell’Interno iraniano, Ahmad Vahidi, ha esortato i profughi a non avvicinarsi ai confini, confermando che la polizia rimpatrierà sistematicamente chi li attraversa. «Certo, sappiamo che ogni giorno un gran numero di persone viene mandata indietro» dice Ali.
«Così gli afghani senza documenti restano nascosti. Molti vorrebbero raggiungere la Turchia, ma credo che la maggior parte si fermerà in Iran perché non hanno abbastanza denaro». Lui stesso ha già cambiato idea, e non solo per una questione di soldi: «Niente Turchia, è troppo pericoloso» ci confida, prima di dirci che tornerà in Afghanistan per tentare subito la sorte in un altro Paese. «Dopo due settimane a Teheran, ci ho ripensato: nella capitale ho cercato informazioni e un passaggio per proseguire. Tutti mi hanno messo in guardia, troppi rischi. E il viaggio costa 25 milioni di rial, circa 500 euro, questa volta da pagare in anticipo, alla partenza. Quello che capita nel mezzo non importa ai trafficanti».
Ha provato ad indagare quello che succede proprio «nel mezzo» del tragitto, sul confine tra Iran e Turchia, la Ong Human Rights Watch, con interviste a chi è partito di recente: «Le autorità turche stanno respingendo i richiedenti asilo in maniera sommaria», è la denuncia. «Sei afghani ci hanno riferito che l’esercito turco ha picchiato loro e i compagni di viaggio, alcuni fino a fratturarne le ossa, e li ha espulsi in gruppi da 50 a 300 persone». Dall’indagine è emersa anche un’altra inquietante testimonianza: dopo il respingimento, un gruppo di persone è stato sequestrato da banditi che hanno richiesto un riscatto di 100 dollari a testa.
Quello che si vive tra Iran e Turchia sembra il compendio dei mille soprusi già ascoltati lungo altre rotte e su altre frontiere. La verità è che, tra espulsioni a catena e molteplici angherie, ancora prima di intravvedere da lontano i muri europei, per gli afghani anche solo affacciarsi oltre confine resta un’impresa.
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