La piccola Rosa Maria Hernández, durante il ricovero in ospedale
Rosa Maria Hernández ha finalmente potuto riabbracciare la mamma dopo dieci giorni di detenzione in un centro federale americano. Una settimana e mezza di dolore e di incertezza, sia per la bambina di dieci anni affetta da paralisi cerebrale e la sua famiglia, che per chi si sta adoperando per salvare Rosa da una deportazione ingiusta e crudele. Insieme alla mamma, Rosa ha attraversato il confine messicano a soli tre mesi di vita e da allora non ha conosciuto altra casa che quella di Laredo, in Texas.
Quando, il 24 ottobre scorso, gli agenti dell’immigrazione hanno fermato l’ambulanza che la trasportava all’ospedale per un intervento d’urgenza alla cistifellea, la bambina era – legalmente – un minore illegale senza accompagnamento; con lei era la cugina con cittadinanza americana, ma non i genitori che, senza permesso di soggiorno, temevano di incorrere in guai ai posti di blocco. E, in base al giro di vite dato all’immigrazione irregolare dall’amministrazione repubblicana, Rosa doveva essere rispedita in Messico.
Gli agenti – trattandola come se fosse un pericoloso criminale – l’hanno accompagnata all’ospedale, piantonata per giorni e presa in custodia appena ha potuto essere dimessa. Mentre Rosa – che ha un quoziente intellettivo pari a quello della metà dei suoi anni – trascorreva le sue giornate terrorizzata dall’ambiente ignoto, e la famiglia l’assicurava che sarebbe tornata a casa dopo la convalescenza, i legali dell’organizzazione per le libertà civili Aclu si adoperavano per risolvere la questione, intentando causa al governo. Il futuro della bambina rimane incerto in quanto la pratica di deportazione resta aperta, ma l’interesse che si è venuto a creare attorno a questo caso e alla dimostrata insensibilità da parte dell’amministrazione Trump, sta avendo i risultati sperati. Rosa è stata rilasciata ed è tornata a casa, e ora, nell’appello perché le accuse vengano fatte cadere si contano anche vari membri del Congresso Usa – tra cui la senatrice californiana Dianne Feinstein e il legislatore del Texas, Joaquin Castro. Come ha sottolineato quest’ultimo, «gli Stati Uniti non dovrebbe essere un luogo in cui bambini in cerca di cure mediche indispensabili siano a rischio di arresto».