La conferenza stampa convocata oggi al Press Club di Karachi ha chiesto ai mass media nazionali e internazionali di non far calare l’attenzione verso la condizione delle giovani delle minoranze religiose che in Pakistan sono rapite, convertite con la forza all’islam e costrette al matrimonio con musulmani, ma ha anche invitato all’azione il governo pachistano contro i rapitori e a ritrovare i valori fondamentali della tradizione islamica riguardo il rispetto delle minoranze.
Durante l’evento, convocato dagli avvocati che sostengono la famiglia della 14enne cristiana Huma Younas – sequestrata lo scorso ottobre ma di cui non si hanno più notizie dalla metà di dicembre - il cui impegno è sostenuto sul piano finanziario da Aiuto alla Chiesa che Soffre, è stato sottolineato come a fronte di una estesa casistica, perlopiù impunita e che spesso ha anche come effetto la separazione permanente dalla famiglia d’origine delle giovani vittime, la legge sia perlopiù ignorata. Sia quella penale, che pure prevede pene severe per crimini come il rapimento e il sequestro, sia quella che indica in 18 anni l’età minima del matrimonio. Al punto che durante la conferenza stampa, in cui la madre si è rivolta in modo accorato alle autorità per cercare il ritorno della figlia, è stato proposto provocatoriamente di abolire una legge di fatto lettera morta. Nel caso di Huma, infatti, si è finora tenuto conto solo di una sua dichiarazione di maggiore età, probabilmente estorta, che il rapitore continua a proporre a sua difesa, nonostante la famiglia abbia prodotto documenti che indicano in 14 anni la reale età dalla giovane.
Un elemento, questo, essenziale per il procedimento che potrebbe avviarsi domani se – come sperano i legali – sarà accolta il ricorso della famiglia all’Alta Corte della provincia del Sindh. Se si dovesse arrivare a un verdetto favorevole dei giudici non solo si aprirebbe la strada alla condanna del rapitore, ma anche allo scioglimento del matrimonio e la restituzione di Huma ai genitori. L’accoglimento delle posizioni della famiglia sarebbe esemplare per modificare una situazione che vede in Pakistan un migliaio di vittime all’anno, soprattutto giovani cristiane e indù.