Apre una breccia di speranza laliberazione di un'altra studentessa delle oltre 200 rapite due anni fa da Boko Haram. A due giorni dal ritrovamento della 19enne Amina Ali Nkeki che vagava nella foresta di Sambisa,considerata la roccaforte dei terroristi islamici di Boko Haram, arriva infatti la notizia di un'altra studentessa che sarebbe stata liberata.Le 2 giovani liberate facevano parte delle 276 studentesse della scuola superiore di Chibok, nello Stato nord-orientale del Borno, presa d'assalto dal gruppo jihadista il 14 aprile 2014. Poche ore dopo il sequestro, decine di studentesse riuscirono a fuggire, ma di 219 non si seppe più nulla fino al mese scorso, quando un video mostrò le immagini di alcune di loro ancora in vita.
Per due di loro la sorte è stata benevola, ma forse, nella foresta, potrebbero esserci altre ragazze.Amina è stata trovata con un bambino di pochi mesi e un uomo, arrestato, perché ritenuto il jihadista a cui Amina era stata "data in sposa",in nome della sua fedeltà alla causa. Della seconda ragazza liberata non si conosce invece ancora l'identità. Amina ha raccontato che alcune ragazze sono morte, ma altre sono ancora in mano ai terroristi.E non è escluso che alcune di loro siano riuscite a fuggire.La vicenda delle studentesse di Chibok ha suscitato un'ondatadi commozione internazionale che ha portato tra l'altro alla campagna BringBackOurGirls su Twitter, alla quale hannoaderito anche Michelle Obama e la pachistana Malala Yousafzai,premio Nobel per la pace. E i fallimenti del governo edell'esercito su questo fronte sono stati probabilmente all'origine della sconfitta elettorale del presidente GoodluckJonathan lo scorso anno.
Si ipotizza che Boko Haram abbia rapito molte migliaia di ragazzi e ragazze nella sua guerra di indipendenza dallo Stato centrale, in nome dell'autoproclamato Califfato islamico, che in sette anni ha provocato oltre ventimila morti. L'esercito,sostenuto anche da una coalizione multinazionale, è riuscito progressivamente a cacciare i terroristi dalle città,costringendoli a rifugiarsi nella foresta. La risposta, però, è stata il sempre più massiccio ricorso agli attentati kamikaze contro obiettivi civili.