Lo sguardo duro della statua era fisso sul municipio. Col suo messaggio inequivocabile: «Parácuaro è territorio del boss». Cioè di Nazario Moreno, il cui profilo marmoreo vigilava il territorio, nel cuore dello Stato del Michoacán. Almeno fino a lunedì, quando 200 civili armati hanno strappato la cittadina ai narcos Los Caballeros Templarios (cavalieri templari). E hanno distrutto il monumento insieme alle immaginette dove Nazaro è rappresentato con una pistola in ogni mano e la scritta: «Proteggimi». Il culto del leader, ucciso nel 2010, non è uno dei soliti narco-eccessi messicani.
È uno strumento chiave della strategia di conquista dei Caballeros e, in minor misura, dalle altre bande in lotta. Che ammantano l’ansia di dominio sulla regione e i suoi abitanti di un’aura “parareligiosa”. Poco importa che le finalità siano eminentemente criminali: assicurarsi i corridoi di passaggio della coca verso gli Usa, ampliare il giro di estorsioni, di sfruttamento della prostituzione, tratta. Non si vendono nemmeno le tortillas senza il consenso dei narcos. Sindaci, polizia locale, autorità – quando non sono fuggite – sono complici o inette. E il moltiplicarsi di brigate civili anti-criminali – le cosiddette “autodefensas” che controllano un quinto dello Stato e rischiano di trasformarsi in altri squadroni della morte– è la drammatica conferma. «Non ci sono giudici né pubblici ministeri, niente. Come possiamo andarcene? Chi altri aiuterebbe la gente?, si chiede padre José Luis Espinosa, diventato sei mesi fa parroco di Buenavista Tomatlán. In quella «terra di nessuno» che è ormai il Michoacán –«Stato fallito», l’ha definito il vescovo di Apatizgán, Miguel Patiño –, con 990 omicidi nel 2013, la Chiesa è l’ultima forma di resistenza alla violenza. Per settimane, tra novembre e dicembre, le chiese di Tancítaro hanno dato rifugio a 400 civili in fuga dai narcos. Sono le parrocchie a raccogliere le denunce di scomparsa o sequestro. Nonostante le minacce continue. Specie da parte dei Caballeros che considerano il cristianesimo un pericoloso rivale del “culto” di Nazaro. A molti sacerdoti è stato “intimato” di non celebrare feste religiose, di sospendere le funzioni o di benedire i Kalashnikov, racconta padre Patricio Madrigal della città di Nueva Italia. Tutti hanno rifiutato. Il rischio è alto. Negli ultimi 17 anni, cinque preti sono stati assassinati nello Stato. Padre Santiago Álvarez Figueroa è sparito mentre si dirigeva a Paredes, dopo la Messa. Ad Apatizgán, monsignor Patiño ha deciso di chiudere il seminario e spostare gli allievi a Zamora. L’anno scorso, il Centro Católico Multimedial ha registrato 1.465 tentativi di estorsione alle parrocchie, tra e mail, lettere e telefonate. Il Michoacán è, purtroppo, la sintesi estrema del Messico. Tra i tanti effetti perversi della narcoguerra c’è anche quello di aver trasformato il Paese con più cattolici del mondo nel secondo più letale per gli operatori pastorali, come rivelato dall’ultimo rapporto Fides: 22 assassinati in 23 anni, 4 l’anno scorso.