martedì 19 gennaio 2010
Youssif Jorjis è stato trucidato proprio nel giorno di insediamento dell’arcivescovo Nona. È la quinta «esecuzione mirata» in un mese. La lunga catena di aggressioni fa parlare di «pulizia etnica». Impotenti il governo nazionale e locale. E le varie etnie si rimbalzano le responsabilità.
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Ancora un omicidio mirato contro la comunità cristia­na di Mosul. Stavolta in con­comitanza con i festeggiamenti per l’insediamento del nuovo arcive­scovo caldeo. Domenica mattina è stato ucciso a sangue freddo Saa­dallah Youssif Jorjis, un siro-cattoli­co di 52 anni, sposato e padre di due figlie. Fonti di AsiaNews a Mosul, che chiedono l’anonimato per motivi di sicurezza, parlano di «una persecu­zione che prosegue nell’indifferen­za generale». Youssif Jorjis era pro­prietario di un negozio di frutta e ver­dura nel quartiere di Taqafa, nei pres­si dell’università. «La moglie è infer­miera – aggiungono le fonti – men­tre Saadallah Youssif Jorjis possede­va un’attività commerciale vicino al­la sua abitazione». È stato ucciso a colpi di pistola. L’omicidio è la quinta “esecuzione mirata” in un solo mese ai danni di cristiani. Il 12 gennaio scorso un gruppo armato ha ucciso Hikmat Sleiman, 75 anni, anch’egli proprie­tario di un piccolo negozio di ver­dura. Il 30 dicembre, il diacono Zhaki Bashir Homo è stato colpito con ar­mi da fuoco da un gruppo di scono­sciuti. Era appena entrato nel suo negozio situato nel quartiere di al Ja­dida. Un altro cristiano, Basil Isho Youhanna, è stato ucciso da armi da fuoco alla vigilia di Natale davanti a casa sua nel quartiere di Tahrir. Il 17 dicembre, infine, una banda arma­ta ha ucciso Zeid Majid Youssef, o­peraio di 30 anni, in un quartiere a ovest di Mosul. Uno degli attentato­ri, secondo testimoni, sarebbe an­che sceso dalla vettura, per accer­tarsi della morte del giovane. Senza parlare dei numerosi episodi di rapimento, come quello contro u­na studentessa universitaria seque­strata da un gruppo criminale. Quanto basta per parlare di un pro­getto di «pulizia etnica» in atto a Mo- sul simile a quello accaduto nel 2008, quando morirono diversi fedeli, sa­cerdoti e l’ultimo arcivescovo dioce­sano, monsignor Paul Faraj Rahho. «Vogliono spingere i cristiani verso la piana di Ninive – spiegano le fonti di AsiaNews – e la comunità ha perso la fiducia nel futuro». Il governo na­zionale e il governatorato locale as­sistono impotenti davanti a tali o­micidi, mentre le varie etnie araba, curda e turcomanna – con possibili infiltrazioni di cellule estremiste - si rimbalzano le responsabilità. Domenica mattina, intanto, ha fat­to il suo ingresso nella diocesi mon­signor Emil Shimoun Nona, la cui nomina del Sinodo dei vescovi del­la Chiesa caldea è stata approvata il 13 novembre scorso dal Papa. Alla cerimonia hanno partecipato leader politici locali ed esponenti musul­mani. Dal 13 marzo 2008 l’arcidio­cesi di Mosul era senza pastore, in seguito alla morte di monsignor Rahho mentre si trovava nelle mani dei sequestratori. La comunità cri­stiana aspettava con «ansia e gioia» l’arrivo del nuovo pastore, ma «l’en­nesimo omicidio ha macchiato la giornata di festa».
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