venerdì 9 febbraio 2024
La versione cinematografica del romanzo di Bulgakov, realizzata dal regista russo Mikhail Lokshin nato degli Stati Uniti, fa infuriare il Cremlino
Una scena del film di Mikhail Lokshin,

Una scena del film di Mikhail Lokshin, - Russia Beyond /(Web)

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A quasi due anni dall’inizio della guerra in Ucraina, il presidente russo, Vladimir Putin, deve fare i conti con un dissidente d’eccezione. Si tratta niente meno che del romanzo Il Maestro e Margherita, uscito nei giorni scorsi in una nuova versione cinematografica e portatore di un chiaro messaggio contro il conflitto. I russi, si sa, sono molto legati alla loro straordinaria cultura, più volte esaltata anche dal capo del Cremlino, e si sono precipitati dal cinema, adorando la pellicola. Così tanto che quest’ultima rischia di trasformarsi in una polpetta avvelenata. La nuova trasposizione sul grande schermo ha, a dire poco, fatto infuriare i propagandisti e i simpatizzanti del presidente. Non era difficile da prevedere.

Il Maestro e Margherita, scritto fra il 1928 e il 1940, durante il regime di Stalin, ma pubblicato postumo solo negli anni ’60, è una satira feroce al sistema di potere avviato dal dittatore, e fu per lungo tempo ignorato dai russi, fino a venire pubblicato e apprezzato in tutto il suo valore, soprattutto all’estero. L’autore, Michail Bulgakov, considerato uno dei più grandi scrittori del XX secolo, era originario di Kiev, dove visse fino alla giovinezza e, come tanti altri intellettuali, fu spesso tacciato di antisovietismo e sottoposto a censura. La versione nelle sale cinematografiche in questi, giorni, è firmata da Mikhail Lokshin, regista russo, ma nato degli Stati Uniti e con una forte formazione professionale in Occidente.

L’analogia fra la Russia di Stalin e quella di Putin è fin troppo evidente. L’uscita del film è stata rimandata più volte, soprattutto per la lievitazione dei costi in post produzione. Lokshin non ha voluto badare a spese e per quello che considera il suo capolavoro fino a questo momento ha speso nel 17 milioni di dollari che, per il cinema russo, è una cifra quasi da capogiro. Nei primi giorni di programmazione ne ha incassati quasi due milioni. Il successo al botteghino premia quello che, secondo i critici cinematografici indipendenti, è uno dei migliori film russi degli ultimi anni e la miglior trasposizione sul grande schermo dell’opera principale di Bulgakov, anche per come è riuscito a reinventare la trama.

Con il successo, però, sono arrivate anche le polemiche e le minacce. I propagandisti a favore della guerra hanno rivelato che la pellicola è stata in parte finanziata anche con i soldi del Fondo statale per il cinema, particolare che ha sollevato le ire anche di alcuni funzionari, per i quali la pellicola rischia di trasformarsi in un autogol clamoroso. Sono partite raccolte di fondi per ritirarlo dalla distribuzione, richieste di processare il regista considerato un traditore della patria, anche a causa del doppio passaporto russo-americano.

Alle elezioni presidenziali manca meno di un mese ed è difficile che possa inficiare un risultato già scritto. Ma allusioni satiriche come la Crimea paragonata a un paradiso, che in realtà non esiste, le vicende del Maestro, perseguitato dalla polizia politica e il finale a sorpresa dove Mosca esplode rischiano di far sorgere il dubbio che nella Russia di Putin non si stia poi molto meglio rispetto ai tempi di Stalin. Malgrado le apparenze.

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