Il primo ministro libanese Hariri. Dimissionario forzato e bloccato in Arabia Saudita (Ansa)
Cresce la preoccupazione internazionale per il Libano, il cui premier è bloccato da giorni in Arabia Saudita. Il rischio più grande è che il Paese mediorientale torni ad essere terreno di scontro, anche armato, tra le potenze regionali: Israele e Arabia Saudita da una parte e Iran dall'altra.
Si alza quindi a gran voce la richiesta di "stabilità" del Libano e quello che sta accadendo è descritto come un'ingerenza saudita nella "sovranità" del paese dei Cedri, da una settimana sospeso nel limbo istituzionale, in attesa di sapere cosa ne sarà del premier Saad Hariri, dimissionario e "bloccato" a Riad.
Sia gli Stati Uniti che la Francia hanno espresso il loro "sostegno alla sovranità, all'unità e alla stabilità" del Libano.
In particolare, il presidente francese, Emmanuel Macron, ha sottolineato questa necessità di salvaguardia del Libano, in un colloquio telefonico con l'omologo libanese Michel Aoun incentrato sulla situazione nel Paese dopo le dimissioni del premier Saad Hariri. Lo riferisce un comunicato dell'Eliseo, riportato dai media francesi. Macron ha inoltre ribadito "l'appello affinché i dirigenti politici libanesi abbiano libertà di movimento". Martedì Macron riceverà il ministro degli Esteri del Libano.
E il presidente della Repubblica libanese Michel Aoun ha chiesto esplicitamente a Riad di "chiarire" le circostanze che costringono Hariri a rimanere nel regno del Golfo.
L'invito di Washington e di Parigi è stato condiviso anche dall'Italia che, tramite il ministro degli Esteri Angelino Alfano, si è appellata "a tutte le parti, in Libano e nella regione perché non vengano risparmiati sforzi per preservare il paese dai conflitti e dalle tensioni regionali".
Dal Libano, il presidente Aoun ha lamentato il fatto che "le condizioni poco chiare in cui si trova Hariri fanno sì che qualsiasi cosa Hariri dica o faccia non corrisponda alla verità". Il capo di Stato ha chiesto all'Arabia Saudita, "con cui il Libano condivide legami fraterni e amichevoli", di "chiarire le ragioni per cui Hariri non può tornare in patria".
Dal canto suo, il comandante dell'esercito libanese Joseph Aoun (non direttamente parente del presidente Michel Aoun) ha assicurato che le forze armate assicurano la tenuta della "pace civile" e che l'esercito "colpirà col pugno duro chiunque tenti
di sfruttare a proprio favore la situazione politica attuale". Un riferimento ai rischi di una deflagrazione della violenza su scala locale e nazionale.
E nel suo comunicato a sostegno della "sovranità del Libano", la Casa Bianca ha sostenuto che "in questo momento delicato gli Usa respingono anche gli sforzi delle milizie del Libano o di qualsiasi altra forza straniera di minacciare la stabilità del Paese, minare le istituzioni governative, o utilizzare il Libano come una base da cui
minacciare gli altri nella regione".
Il nemico principale degli Usa nell'area rimangono l'Iran e i suoi alleati libanesi, gli Hezbollah. Ma da Teheran, il ministero degli Esteri ha ribadito oggi che con le pressioni su Hariri, "l'Arabia Saudita mira ad aizzare una sollevazione in Libano, come ha già fatto nel Golfo e in Yemen". Le accuse però sono reciproche: il Bahrain, che è stretto alleato di Riad, ha accusato l'Iran di essere dietro al sabotaggio di un oleodotto nel paese. I media di Manama hanno definito "terroristi in contatto diretto con l'Iran" gli autori del danneggiamento del condotto vicino alla capitale.
Il giallo. Hariri bloccato in Arabia Saudita
Al suo arrivo in Arabia Saudita il 3 novembre il premier libanese Saad Hariri non è stato accolto da nessun principe né funzionario del governo, gli è stato sequestrato il telefono e il giorno dopo è stato costretto a dimettersi dall'incarico di premier con una dichiarazione trasmessa in tv. È quanto rivelano a Reuters alte fonti vicine a Hariri, nonché alti funzionari politici e della sicurezza libanese.
Secondo quanto è stato possibile ricostruire dal racconto fatto dalle fonti, all'arrivo in Arabia Saudita Hariri è andato nella sua casa di Riyad. Poi, sabato mattina, ha ricevuto una telefonata da un funzionario di protocollo saudita, che gli ha chiesto di partecipare a un incontro con il principe ereditario Mohammed bin Salman. Il premier libanese ha aspettato circa quattro ore prima che gli venisse presentato il discorso di dimissioni da leggere in tv, spiega una fonte. Dopo il discorso di dimissioni, sempre secondo la ricostruzione, Hariri è stato portato a incontrare il re saudita Salman. Immagini sono state mandate in onda dalla tv saudita. Poi è volato ad Abu Dhabi per incontrare il principe ereditario Mohammed bin Zayed, principale alleato regionale della corona saudita. Una volta rientrato a Riyad, da allora ha ricevuto ambasciatori occidentali.
Inizialmente - dal momento che le dimissioni giungono mentre oltre 200 persone, fra cui 11 principi sauditi, nonché attuali ed ex ministri e tycoon sono stati arrestati nell'ambito di una purga anti corruzione in Arabia Saudita - si era speculato che Hariri potesse essere obiettivo di quella campagna, per via degli interessi d'affari della sua famiglia, ma fonti vicine al leader libanese sostengono che invece sia stato costretto a dimettersi per via degli sforzi sauditi di contrastare l'Iran.
In particolare, secondo alcune fonti vicine a Hariri, l'Arabia Saudita ha concluso che il premier, da tempo alleato e figlio dell'ex primo ministro Rafik Hariri assassinato nel 2005, dovesse lasciare perché non disposto ad affrontare Hezbollah. Diverse fonti libanesi, inoltre, sostengono che Ryiad speri di sostituire Saad Hariri con il fratello più grande, Bahaa, alla guida del suo Movimento per il futuro. Si ritiene che Bahaa Hariri sia in Arabia Saudita e a membri della famiglia Hariri è stato chiesto di recarsi lì per giurargli fedeltà, ma si sono rifiutati, aggiungono le fonti.