Caro direttore, l’azione in difesa della libertà religiosa ha oggi il nome dolce e il volto mite di Asia Bibi. La giovane pachistana, in carcere da più di tre anni solo perché non vuole rinunciare all’inalienabile diritto di professare la propria fede, è diventata il simbolo di tutti coloro che soffrono in tante, troppe parti del mondo a causa dell’intolleranza religiosa e del fanatismo fondamentalista. È con profonda e convinta partecipazione che aderisco alla nobile campagna nazionale e internazionale volta alla liberazione di questa coraggiosa donna cristiana, la cui forte testimonianza umana e di fede scuote la coscienza di tutto il mondo civile e di tutti i sinceri difensori della libertà, al di là di ogni convinzione in materia religiosa e al di là di ogni appartenenza culturale e politica. La battaglia per la scarcerazione di Asia Bibi è innanzi tutto una battaglia diretta a risolvere un incredibile e inammissibile caso di ingiustizia. Ma è anche, nello stesso tempo, una battaglia per affermare la cultura dei diritti umani e della dignità della persona in un mondo che conosce purtroppo la recrudescenza dell’odio religioso e razziale, una intollerabile barbarie contro cui deve dispiegarsi in modo sempre più ampio e deciso la mobilitazione della comunità internazionale. La pace, la libertà e i diritti fondamentali della persona sono valori universali che si impongono al rispetto di tutti in ogni area della Terra.