Caro Direttore,l’appello di Avvenire, cui convintamene aderisco, per la liberazione di Asia Bibi mi ha tristemente riportato alla memoria le mozioni a firma del Pdl del 30 ottobre 2008, quando il Senato votò un documento contro la persecuzione dei cristiani in India e poi quella del 2011 contro la strage avvenuta nella notte di san Silvestro in Egitto. Da allora nulla è cambiato: i cristiani continuano a morire sotto la violenza intollerabile dei fanatismi religiosi. Ma la prigionia di Asia mi ha profondamente colpito per il suo eroismo: avrebbe potuto tornare a essere libera se solo avesse accettato di convertirsi all’islam, ma ha scelto di restare fedele al Vangelo, una fedeltà che evidentemente stima più preziosa della sua stessa vita. Mentre noi, nel tollerante e moderno Occidente, pur dicendoci cristiani non consideriamo più con la dovuta sacralità il nostro credo religioso né i principi che di conseguenza regolano la nostra società, in particolare il rispetto della vita, dal concepimento fino alla sua morte naturale. E intanto siamo sopraffatti da un sentimento di decadenza, di insoddisfazione, orfani di quella spiritualità necessaria a sostenerci. Ora una donna piccola di statura ma allo stesso tempo un gigante testimone della fede scuote le coscienze, di credenti e non, ricordandoci che possiamo e dobbiamo far sentire la nostra voce e il nostro «no» a ogni forma di intolleranza religiosa, a ogni ingiusta restrizione della libertà.