lunedì 14 gennaio 2013
Una moltitudine di fedeli ha partecipato alla Messa celebrata presso le fosse comuni dove riposano le 220mila vittime del sisma. I contributi della Caritas e l’opera dei missionari per togliere la popolazione dai rifiuti dalle tende e dalle baracche: orfanotrofio scuola e laboratori per i ragazzi di strada. (Lucia Capuzzi)
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​Aggredisce gli occhi, le labbra, le narici. La terra rossa di Titanyen, impalpabile e ostile, rallentava il passo della processione. Che ostinata si è lasciata alle spalle il paesino alla periferia di Port-au-Prince e si è arrampicata sullo sterrato. Fino agli anfratti racchiusi tra le montagne. L’intero Paese ne è ricoperto, tanto che i nativi lo battezzarono «territorio montuoso», Haiti appunto. Né un cartello né un monumento a guidare la folla. Solo il passo sicuro di padre Charles Moise: lui conosce la strada del cimitero di roccia dove riposano le 220mila vittime – o almeno la maggior parte di esse – del terremoto. Sono trascorsi tre anni dalla catastrofe, eppure ieri, giorno dell’anniversario, in centinaia hanno voluto partecipare alla Messa celebrata dal domenicano accanto alle fosse comuni.Non è un caso che esse si trovino qui. Da sempre Titanyen è considerata «zona di morte»: nelle gole venivano fatti sparire i corpi dei dissidenti ai tempi dei Duvalier. «Ora però la stiamo trasformando in un luogo di speranza», dice padre Charles indicando la collina dove sorge la Fondazione Montesinos, creata dal prete anch’essa tre anni fa con l’aiuto della Caritas italiana. L’obiettivo è mettere in pratica quel concetto di «ecologia umana» che ha spinto padre Charles a rientrare dall’estero per aiutare il suo popolo. «Qui c’è spazzatura ovunque: i bimbi crescono in mezzo ai rifiuti e finiscono per sentirsi anche loro dei rifiuti. Per questo diventano violenti e insensibili – spiega. – È un circolo vizioso. Ma si può spezzare: restituendo loro dignità». Da qui il «foyer ecologico»: orfanotrofio, scuola e laboratori attraverso cui centinaia di ragazzi di strada – ma anche i piccoli della comunità e i genitori – sperimentano il rispetto. E imparano a «restituirlo» prendendosi cura dell’ambiente. Già 5mila germogli, piantati e curati dalla gente del posto, si fanno spazio nel terreno arido (il disboscamento selvaggio è una delle piaghe haitiane) di Titanyen. Sono ancora fragili, però. Come l’Haiti del dopo terremoto. In cui la ricostruzione pubblica – o meglio la costruzione, dato che già prima era il Paese più povero dell’Occidente – procede con esasperante lentezza.Alle spalle della cattedrale diroccata, dove ieri una moltitudine si è radunata per la Messa e la commemorazione delle vittime, si trova un’enorme recinzione verde. Lì prima del sisma c’era il Palazzo nazionale. La scossa l’ha devastato e la riedificazione è cominciata solo lo scorso agosto. Oltre il 90 per cento dei 110 miliardi di dollari di aiuti promessi dalla comunità internazionale non è stato ancora versato a causa dei contrasti tra governo e Paesi donatori su come amministrare il denaro. Sono 496 le tendopoli dove vivono 360mila senza-casa. Almeno 80mila di questi – afferma Amnesty International – sono a rischio sfratto, mentre il maxi-piano di alloggi annunciato dalle autorità è lettera morta.Chi ci riesce, dunque, preferisce restare nei campi, dove almeno c’è qualche latrina, pur di non finire in una baracca di legno e lamiera in quella terra di nessuno chiamata Canaan. Una striscia di fango senz’acqua né luce né servizi nella periferia nord, dove abita gran parte dei 60mila espulsi dalle tende. Naturale che in queste condizioni il colera continui a dilagare, con 22.900 casi nel 2012, come rivela Medici senza Frontiere (Msf). A dicembre, l’organizzazione curava ancora 500 pazienti alla settimana. Date le molte urgenze – aggravate dal passaggio dell’uragano Sandy in settembre – due giorni fa l’Ue ha deciso di donare 30,5 milioni. Oltre ai soldi, però, ad Haiti manca un piano nazionale che definisca le priorità e canalizzi le risorse. In attesa che venga realizzato, i germogli di Titanyen lottano per farsi largo tra le pietre.
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