
Edifici e abitazioni civili distrutti nell’attacco di droni kamikaze lanciati dalla Crimea - undefined
Un governo transitorio affidato all’Onu, rimuovendo Zelensky e verso nuove elezioni a breve a Kiev. Quella di Putin viene considerata la proposta per un “golpe soft” sotto egida Onu, e da una parte suona come una parziale ammissione di sconfitta, dall’altra alimenta il dibattito internazionale, mentre sul terreno Mosca confida di portare a segno altre mosse a sorpresa.
Il segretario generale Onu ha ribadito come a Kiev ci sia un «governo legittimo». Anche la Casa Bianca, dopo avere riconosciuto che Mosca «vuole tirarla per le lunghe», ha respinto l’idea dello zar che si è detto disponibile a negoziare un accordo di pace, ma con le nuove autorità ucraine.
La provocazione di Putin non è avvenuta in un luogo qualsiasi, ma durante la visita nella base di Murmansk, a poca distanza dal confine con la Finlandia. Non un luogo della diplomazia, ma dentro a un sottomarino, simbolo di minacce invisibili. Nelle stesse ore è arrivata la conferma di come lo stato maggiore russo abbia intensificato le operazioni di assalto nel settore di Zaporizhia, aumentando la pressione sulle posizioni meridionali dell’Ucraina. Il portavoce del “Comando Sud”, Vladyslav Voloshyn, ha segnalato un’escalation delle ostilità e un aumento degli attacchi in aree chiave fino a Kherson, con spostamenti di unità e mezzi in direzione opposta a quella degli attacchi nel Nord, a Sumy e Kharkiv.

Uno degli incendi scoppiati a Odessa dopo l’attacco notturno del 28 marzo - Fotogramma
La reazione nella “vox populi” è esplicita. Specialmente dopo che a Odessa molti avevano creduto nella “tregua del mare”, confermata da tre giorni senza più un allarme e con la prospettiva di vedere il porto di nuovo animato dal viavai di bastimenti. Invece fin quasi all’alba di ieri la città è stata attaccata da diverse ondate di droni, che con manovre repentine hanno tenuto sotto stress la contraerea. Diverse le esplosioni sull’abitato, mentre le raffiche dei sistemi di difesa hanno incendiato il cielo scuro e terso. Dati che confortano le leadership del Paese, e basta interrogare i giovani nei caffè, le donne al mercato, le mogli dei soldati, per averne conferma. «In America parlano di pace, di fermare la guerra, e pensano che noi siamo stupidi, che non vediamo le bombe», si lamenta Karolyna, che ha una laurea in lingue presa in pieno conflitto, e l’ultima volta che ha visto suo padre era per la licenza di Natale. «Putin e i suoi servitori ci trattano come degli stupidi, adesso anche Trump. Perché non viene qui come fece Biden ad ascoltarci?».

Da quando Trump è al potere la popolazione ucraina, che nei caffè come sui social network a lui riserva epiteti come “traditore” e “toy boy di Putin”, reagisce con disorientamento e rabbia al presidente americano accusato di comportarsi come un giocattolo nelle mani del Cremlino. Un sondaggio del 25 marzo diffuso dall’Istituto internazionale di sociologia di Kiev mette in guardia dalle semplificazioni. In linea di principio il 77% degli ucraini vede positivamente una proposta di cessate il fuoco di 30 giorni, ma non nel formato Trump-Putin. Circa il 79% degli intervistati ha ritenuto le condizioni proposte della Russia «categoricamente inaccettabili», mentre solo il 16% si è detto disponibile a prenderle in considerazione, compreso un 14% che trova i termini dell’accordo problematici ma non del tutto rifiutabili. Un sentire comune che si riflette nel sostegno a Zelensky, che pur tra critiche e una crescente disaffezione, viene visto come il legittimo capo dello Stato. Non è un caso che secondo lo stesso sondaggio l’82% degli ucraini ritiene che Kiev debba continuare a combattere anche nel caso di una completa interruzione del sostegno militare statunitense. Arrendersi al Cremlino e consegnare a Mosca il 20% dell’Ucraina occupata? Solo l’8% del campione esaminato si è detto favorevole.