sabato 4 gennaio 2025
L’aeroporto di Damasco riapre martedì ai voli internazionali. Nel nord-est proseguono i violenti scontri armati fra i miliziani curdi e gruppi filoturchi Stallo a Doha per la tregua nella Striscia
Abu Mohammed Jolani

Abu Mohammed Jolani - Ansa

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«Non considero i siriani cristiani una minoranza, ma una parte integrante e importante della storia del popolo siriano» ha detto il nuovo leader della Siria Abu Mohammed al Jolani a padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa, che sull’Osservatore Romano ha raccontato il loro incontro avvenuto il 31 dicembre a Damasco. Ahmed Hussein al-Sharaa, com’è tornato a farsi chiamare (Jolani è il nome da miliziano jihadista), ha espresso «grande ammirazione, stima e rispetto per papa Francesco». «È un vero uomo di pace – ha detto –, ho apprezzato i suoi appelli e le sue azioni a favore della pace e dei popoli in difficoltà». «Stiamo lavorando per l’unità e la pace. È la nostra ferma volontà. Ci vorrà del tempo ma sono sicuro che arriveremo a dare una stabilità politica e sociale», ha assicurato Jolani che Faltas ha trovato «disponibile a un dialogo diretto». Alla domanda sul futuro degli espatriati, ha risposto: «Rientreranno. E i cristiani torneranno a vivere e a professare la loro fede in Siria».

Nel graduale ritorno alla normalità, è stata annunciata la ripresa da martedì dei voli internazionali su Damasco: l’aeroporto è già aperto per i voli interni e quelli umanitari. Violenti scontri si registrano invece fra i curdi delle Forze democratiche siriane (Sdf) e le milizie filo-turche nel distretto settentrionale di Manbij, una novantina di chilometri a nord-est di Aleppo. Le Sdf sostengono di avere ucciso «72 mercenari» e avere subito undici perdite in due giorni: «I mercenari (così definiscono i filoturchi, ndr) non sono riusciti ad avanzare nonostante l’appoggio dell’occupazione turca con droni e artiglieria pesante».

Bombardamenti con droni e artiglieria proseguono anche nella Striscia di Gaza. Almeno undici persone, tra cui sette minori, sarebbe rimaste uccise a Gaza City da una granata che ha distrutto un’abitazione a due piani. A Khan Yunis, nel sud, in due attacchi distinti sono morti tre membri della stessa famiglia e cinque guardie che scortavano convogli umanitari. Dai tavoli delle trattative in corso a Doha non sono emerse novità. I media israeliani scrivono che «permangono lacune tra Israele e Hamas su quasi tutte le questioni in fase di negoziazione». Per far pressione su Tel Aviv, Hamas ha diffuso il video di un ostaggio in vita:è la soldata 19enne Liri Albag, che afferma di essere prigioniera da oltre 450 giorni.

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