Il premier canadese Justin Trudeau - Ansa
Dopo nove anni da primo ministro (novembre 2015) e dodici da leader delPartito liberale (aprile 2013), Justin Trudeau getta la spugna. «Intendo dimettermi da leader del partito e da primo ministro, dopo che il partito sceglierà il prossimo leader attraverso un competitivo, robusto processo nazionale», ha detto Trudeau che dal primo gennaio ha assunto la presidenza del G7. «Sono un combattente. Ogni osso del mio corpo mi ha sempre detto di combattere perché tengo molto ai canadesi. Questo Paese si merita una vera scelta nelle prossime elezioni ed è diventato per me chiaro che se devo combattere battaglie interne non posso essere l’opzione migliore in queste elezioni», ha rilanciato il premier canadese che, in realtà, è “azzoppato” da tempo.
A logorarlo, da una parte, la grave crisi di popolarità. Dall’altra la rivolta all’interno del partito, culminata a dicembre con le dimissioni della vice premier e ministra delle Finanze Chrystia Freeland, che con una lettera pubblicata sui social ha giustificato la mossa con divergenze di vedute sul modo di affrontare la «grave» minaccia della politica dei dazi di Donald Trump. Risultato? In attesa del nuovo nome, il Parlamento canadese sarà “congelato” fino al 24 marzo. Nei mesi scorsi, il premier canadese ha ripetuto più volte di voler essere lui a guidare i Liberali nelle elezioni, fissate per il prossimo ottobre, contro i conservatori di Pierre Poilievre, che al momento vanta un vantaggio di 20 punti nei sondaggi.
Dura la reazione di Jagmeet Singh, leader del Nuovo Partito Democratico, fino a poco tempo fa alleato chiave di Trudeau, che nei giorni scorsi aveva espresso l'intenzione di votare a favore di una mozione di sfiducia nei confronti del governo annunciata dai conservatori: «Il problema non è solo Justin Trudeau – ha detto senza mezzi termini –. Sono tutti i ministri che hanno preso le decisioni. I liberali non meritano un’altra possibilità, non importa chi sia il leader».
A gamba tesa anche Donald Trump: «Se il Canada si fondesse con gli Stati Uniti, non ci sarebbero tariffe, le tasse diminuirebbero notevolmente e sarebbero totalmente sicuri dalla minaccia delle navi russe e cinesi che li circondano costantemente. Insieme, che grande Nazione saremmo!».