L'Islanda, con una popolazione di 330mila persone, è da sempre all'avanguardia nella promozione della parità di genere. Anche con eccessi, però, legati soprattutto alla sfera relativa alla vita. Metà dei ministri sono però donne, le leggi sulle quote rosa funzionano nei consigli di amministrazione e il congedo parentale ha successo. Eppure, le discriminazioni persistono: le donne in Islanda guadagnano ancora tra il 14 e il 20 per centro in meno degli uomini, secondo i dati del governo. L'Islanda vuole colmare il divario entro cinque anni, una mossa che il ministro Viglundsson sostiene potrebbe accelerare i progressi in altri settori.
Così, da ieri, l'Islanda è diventato il primo Paese al mondo a introdurre una legislazione che obbliga tutti i datori di lavoro a dimostrare che donne e uomini ricevono il medesimo stipendio a parità di mansione.
Da oltre mezzo secolo l'Islanda è all'avanguardia con leggi che spingono le aziende a ridurre gradualmente il divario di retribuzione tra uomini e donne. Ma la filosofia che ispira la nuova legislazione è un sempre maggiore controllo del rispetto dell'uguaglianza salariale.
«Vogliamo abbattere le ultime barriere retributive legate al sesso in ogni posto di lavoro», ha annunciato il ministro degli Affari sociali e dell´uguaglianza, Thorstein Viglundsson: «La storia ha mostrato che a volte se vuoi il progresso sei costretto a imporlo dall'alto contro chi vi si oppone», ha aggiunto.