Un giovane ferito negli scontri tra esercito filippino e fondamentalisti fedeli al Daesh a Marawi (Epa)
A Marawi si combatte ancora. Insieme alle informazioni frammentarie, emergono i racconti dei testimoni che raccontano la solidarietà della popolazione locale verso i cristiani, l’un per cento degli abitanti in questa roccaforte dell'islam filippino. All’alba di ieri, oltre 160 persone hanno scortato e nascosto ai jihadisti decine e decine di cattolici, affinché potessero lasciare la città. Nei giorni precedenti, in tanti hanno ospitato i cristiani nelle loro case per proteggerli dalla minaccia del Daesh. Come il politico Norodin Alonto Lucman che ha dato ospitalità a 71 cattolici o Leny Paccon, che ne ha alloggiati 44. Lo stesso vescovo De la Peña aveva evidenziato nei giorni scorsi come quella battezzata sia abitualmente una comunità “tutelata” e non “perseguitata” dai concittadini musulmani. Alcuni notabili islamici sarebbero coinvolti anche nelle trattative per la liberazione del vicario episcopale e di 14 cattolici presi in ostaggio.
I militari, che avrebbero voluto chiudere venerdì la partita iniziata il 23 maggio con il gruppo Maute legato al Daesh, hanno ammesso ieri che la presenza dei guerriglieri in città resta “consistente”.
Un rischio per migliaia di individui in molti casi ridotti alla fame che non sono riusciti a fuggire. Sarebbero 3.000 i civili secondo l’amministrazione della Regione autonoma di Mindanao musulmana di cui Marawi fa parte. Da venerdì i soldati impegnati nella riconquista delle aree occupate ne hanno liberati almeno 200, ma vi sono state vittime in altri tentativi data la presenza di cecchini che colpiscono anche i civili.
La situazione di Marawi avrebbe incentivato, come rivendicato dal Daesh, l’azione del “lupo solitario” che dopo la mezzanotte di giovedì ha attaccato a Manila il casinò del Resorts World provocando 38 morti. Ancora ieri il presidente Rodrigo Duterte ha ribadito la posizione ufficiale che si sia trattato di un tentativo di rapina, ma restano forti dubbi e anche il presidente della Camera, Pantaleon Alvarez, ha apertamente dichiarato di non credere all’azione isolata di un criminale ma invece a un atto terroristico.